2016-03-19 13:55:00

Mons. Santoro: trivelle, ulteriore aggressione a coste già ferite


Continua il dibattito sul referendum sulle trivelle. Ieri la presa di posizione della Cei che nel comunicato del Consiglio Episcopale Permanente ha ribadito ”l'importanza” che questa tematica “sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell'Enciclica Laudato si' di Papa Francesco". Alessandro Guarasci ha sentito l’arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali mons. Filippo Santoro:

R. – Bisogna passare dalle posizioni ideologiche del tipo estrattivista o del tipo ambientalista - come se la questione dell’ambiente fosse isolata - ad una visione secondo un’ecologia integrale. Personalmente trovandomi come pastore di questa situazione vedo che ci sono delle ferite aperte e ritengo che l’intervento in occasione del referendum sia da realizzare positivamente, entrando nel merito della questione, e quindi dicendo un “Sì” al referendum motivato da queste motivazioni morali e generali.

D. – Le trivelle, secondo lei, quanto male hanno fatto all’ambiente italiano?

R. – Le coste ioniche e adriatiche sono già ferite da tanti problemi. Pensiamo a noi qui a Taranto: abbiamo il problema dell’Ilva, abbiamo insomma un modello di sviluppo che ha privilegiato rispetto alla vocazione all’agricoltura, al turismo, all’artigianato, altre linee. È chiaro che le cose devono essere composte, però la vocazione originaria non può essere ulteriormente tradita. Per questo l’intervento in questo momento o la continuazione dello sfruttamento dei pozzi comporta di fatto un’ulteriore aggressione.

D. – Però se si dovessero chiudere le trivelle, non c’è un problema anche occupazionale e di politica energetica del Paese secondo lei?

R. – Certo, qui entriamo più nello sviluppo degli aspetti tecnici in cui evidentemente la posizione della Chiesa non sposa una tesi contro l’altra. La posizione della Chiesa - a me sembra secondo quello che il Papa dice – si faccia carico di tutti gli aspetti in gioco. Nell’Ilva ci troviamo di fronte ad un caso differente, ad una difficoltà nel gestire persone che già sono occupate e che quindi in quel caso si deve necessariamente provvedere ad innovazioni tecnologiche che rendano possibile la continuazione del lavoro, dell’occupazione, ma senza toccare l’ambiente. Qui invece ci troviamo di fronte ad interventi che complicherebbero ulteriormente una situazione già ferita.








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