2016-03-22 13:08:00

Tribunale di Roma dice sì all'adozione per due uomini


Fa discutere il via libera del Tribunale di Roma all’adozione da parte di due uomini di un bambino nato tre anni fa da maternità surrogata in Canada. I due, sposati nel Paese nordamericano, sono rientrati in Italia dove la gestazione per altri è illegale. Si tratta di un nuovo caso di stepchild adoption legittimato da un tribunale, il primo che vede coinvolti due uomini. Che valore ha questa sentenza? Paolo Ondarza lo ha chiesto ad Alberto Gambino, ordinario di diritto privato nell'Università Europea di Roma:

R. – Il valore giuridico è molto simile anche all’altro caso in cui invece erano state due donne a procedere a questa cosiddetta stepchild adoption. Certo, da un punto di vista sociale, antropologico è molto particolare, perché in questo caso la madre non esiste, o meglio esiste – ahimè – ma è stata il soggetto che ha portato in grembo questo figlio per nove mesi e poi lo ha destinato ad una coppia di papà, tutti e due dello stesso sesso.

D. – E’ stato specificato che il bambino, che ora ha tre anni, sa di avere anche una madre biologica, ma di fatto vive con questi due uomini…

R. – Ecco, questa è – mi si passi l’espressione – un’ipocrisia. Si cerca, cioè, di edulcorare questa vicenda, dicendo che quella che geneticamente ha partorito questo bambino in realtà continua a vivere nella vita di questo figlio, chiede notizie e ogni tanto lo vede. Attenzione, una mamma che mette al mondo un figlio ha una responsabilità giuridica e morale. La genitorialità va di pari passo con la necessità poi di occuparsi del figlio. E quindi, delle due, una: o questa madre non esiste più per il mondo del Diritto e allora questo bambino è in una situazione di abbandono e dovrebbe essere adottato; oppure, se esiste e continua ad occuparsene, non se ne può occupare parzialmente, ma se ne deve occupare totalmente, perché è un dovere morale e giuridico.

D. – Stiamo parlando di un caso di stepchild adoption, ovvero adozione del figlio del partner concepito tramite maternità surrogata, a titolo non oneroso: pratica contestata da più parti a livello internazionale e nazionale negli ultimi mesi. Non è una contraddizione che una sentenza di un tribunale legittimi qualcosa che incontra tanta ostilità?

R. – Il tribunale fa questo ragionamento: ormai sono alcuni anni che il bambino vive con questa coppia di uomini e a questo punto sarebbe peggio levarlo a questa coppia e affidarlo ad un’altra coppia. Si è instaurata, cioè, una qualche continuità affettiva.

D. – Quindi ha prevalso il superiore interesse del bambino?

R. – Secondo i giudici ha prevalso. Facciamo attenzione, però, che qui ha prevalso perché non si è riusciti a perseguire fino in fondo questo divieto che in Italia esiste della surrogazione di maternità. Se invece, infatti, le cose fossero andate come dovevano andare, nel momento del rientro di questo bambino in Italia,  immediatamente, non dopo alcuni anni, sarebbe stata acclarata questa violazione della legge penale - perché la legge vieta la surrogazione di maternità - e a questo punto il bambino sarebbe immediatamente stato dichiarato adottabile e dato ad una coppia evidentemente di sesso diverso. Perché in Italia l’adozione può essere perseguita soltanto da uomo e donna e non da due uomini.

D. – Il ddl sulle unioni civili è stato votato dal Senato grazie ad un accordo di maggioranza senza la stepchild adoption e con il rimando ai giudici, in termini di adozione, ad applicare la normativa vigente. Pare configurarsi, accadere, quanto qualcuno temeva, e cioè che normalizzare la stepchild apra all’utero in affitto…

R. – Sì, la legge sulle unioni civili ad un certo punto fa un rinvio alla legge sull’adozione, ma anche alle sue applicazioni. Diciamo la verità, questo è un artifizio, perché è evidente che la legge non può ratificare l’operato dei giudici. Questo dal punto di vista giuridico ovviamente è un obbrobrio, però da un punto di vista sociale, politico, mette un’enfasi su queste decisioni dei giudici che andrebbero a colmare un vuoto. E quindi il rinvio fatto dalla legge sulle unioni civili effettivamente ratificherebbe un poco l’operato dei giudici. Lo ratificherebbe – ripeto – in termini sociali e politici, ma non giuridici.








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