2016-03-31 19:55:00

Libia, rientra la tensione dopo l'arrivo di al-Sarraj


All’indomani dell’arrivo del premier libico Fayez al-Sarraj, a Tripoli si è insediata la Commissione per la sicurezza del governo di riconciliazione, che però non potrà contare, per il momento, sull’appoggio dell’esercito fedele al generale Haftar. Al fianco di al-Sarraj il governo italiano, con il ministro degli esteri Gentiloni che promette sostegno e il pronto invio di aiuti di urgenza alimentari e medici. Francesca Sabatinelli:

Nessun appoggio dagli uomini di Haftar, che prosegue nel boicottaggio del nuovo esecutivo, ma sostegno dalle milizie di Misurata e Tripolitania al fianco dell’accordo di riconciliazione nazionale. E’ su di loro che potrà contare il premier al Sarraj, sbarcato ieri, forte della copertura di forze speciali britanniche, in una base navale poco fuori Tripoli. La Commissione per la sicurezza del governo di riconciliazione nazionale ha preso possesso della sede della presidenza del Consiglio, mentre la città questa mattina si svegliava in una calma precaria, dopo le tensioni che hanno accompagnato l’arrivo di al- Sarraj, con le strade riaperte e gli scontri cessati. Intanto, scattano le sanzioni dell’Unione europea contro tre esponenti libici che hanno esercitato ostruzionismo nei confronti del governo di unità nazionale. Due sono di Tripoli, e si tratta del capo del governo e del presidente del Parlamento, il terzo è il presidente del Parlamento di Tobruk. Le sanzioni, congelamento dei beni e divieto di viaggio, erano state adottate in gennaio e tenute in sospeso, da domani saranno operative.

Sulla tenuta del nuovo governo di Tripoli, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Germano Dottori, docente di Studi Strategici all'Università Luiss di Roma:

R. – C’è da dubitare che riesca persino a trovare il modo di insediarsi e di governare quella parte di Libia che è fedele, in questo momento, al potere di Tripoli. Il problema è che c’è una discreta probabilità che le Nazioni Unite riconoscano il nuovo governo come l’interlocutore internazionale legittimo del Paese e poi su questa base si raggiunga un accordo in Consiglio di Sicurezza per autorizzare una missione internazionale che lo imponga alla Libia.

D. – C’è chi parla della miccia pronta a far esplodere quella che viene già definita una polveriera…

R. – E’ possibile che – come dice il presidente egiziano al Sisi - Tripoli si trasformi in una specie di Mogadiscio. La realtà di Mogadiscio mi fa pensare a quello che successe tra il 1992 e il 1994, quando ebbe luogo in Somalia una missione di intervento umanitario volto a stabilizzare il Paese e soprattutto permettere la distribuzione di aiuti ad una popolazione che era stremata e ostaggio della guerra fra le diverse fazioni. Andò malissimo e dopo pochi mesi le truppe internazionali divennero praticamente il bersaglio di una serie di attacchi molto sanguinosi, finalizzati a determinare una reazione militare pesante. E così Mogadiscio divenne progressivamente un grande campo di battaglia: l’intervento internazionale fallì e tutti, compresa l’Italia, furono costretti a tornare a casa… Quello scenario è rimasto un punto di riferimento nella storia degli interventi militari all’estero degli ultimi 30 anni come un fallimento particolarmente bruciante.

D. – Quindi – diciamo – in questo momento in Libia bisogna attendere e vedere come si evolverà la situazione?

R. – Certamente, se non vogliamo inserire delle truppe internazionali nella dinamica di quella che potrebbe essere una guerra civile ai primordi. Si tratterebbe di andare a sparare contro chi si oppone al nuovo governo per farglielo accettare e questo in scenari dove le armi sono molto diffuse tra la gente e non ci si pensa due volte ad usarle…

D. – Il governo di unità nazionale è respinto da Tripoli; l’altro parlamento, quello di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale, non ha ancora votato però in suo favore. Questo riconoscimento, se fatto in tempi brevi, gli darebbe più forza?

R. – Occorrerebbe vedere la reazione a Tripoli. La mia sensazione è che il nuovo governo cosiddetto di accordo nazionale più di tanto non ne beneficerebbe, mi pare che la base di appoggio di cui gode attualmente sia particolarmente ristretta. Quindi purtroppo questo tentativo è da considerarsi molto probabilmente destinato a fallire, ma a fallire con conseguenze più gravi dei nulla di fatto che hanno preceduto l’intesa raggiunta in Marocco lo scorso dicembre.

D. – Professore, questo in un contesto in cui lo Stato Islamico si sta comunque espandendo. Sono collegate le due cose?

 R. – Relativamente, nel senso che la debolezza degli esecutivi di Tripoli e di Tobruk e la loro separazione è alla base del successo che ha incontrato il tentativo dei neo-gheddafiani di reinserirsi nella vita politica libica, adottando il marchio dello Stato Islamico. E tra l’altro mi sembra di capire da quello che si legge che stanno affluendo - questa volta, però, islamizzati – al raggruppamento dei neo-gheddafiani proprio le stesse etnie – tra virgolette – che sostenevano in altro modo il regime del colonnello durante la guerra del 2011. Certe lealtà sono dure a morire…

 








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