I vescovi polacchi scendono in campo insieme ai movimenti pro-vita per chiedere un divieto totale dell’aborto nel Paese, ammesso oggi solo nel caso di stupro, di gravissime malformazioni del feto, o se gravidanza e parto mettono in pericolo la sopravvivenza della madre.
La legge del 1993 che permette l’aborto
solo in casi eccezionali non basta
Una proposta di legge in questo senso è stata presentata
in Parlamento da associazioni pro-vita con il sostegno del nuovo governo guidato dal
partito nazional-conservatore Diritto e giustizia (Prawo i Sprawiedlywosc - PiS).
Lo hanno confermato in questi giorni il Primo ministro, Beata Szydlo, e il leader
storico del PiS, Jaroslaw Kaczynski. “Quando si tratta di difendere la vita del nascituro
non si può restare fermi al compromesso raggiunto con la legge del 1993”, afferma
la Conferenza episcopale polacca in una lettera pastorale che sarà letta in tutte
le parrocchie domenica 3 aprile e che invita quindi i fedeli a sostenere il giro di
vite contro l’aborto. Se approvato, il provvedimento permetterà l’interruzione volontaria
della gravidanza solo nel caso in cui sia in pericolo la vita della madre. Inoltre,
il testo prevede che le persone che partecipano ad un aborto illegale siano punite
con cinque anni di carcere, anziché gli attuali due.
Dati controversi sul numero di aborti in
Polonia
Le cifre sul numero annuale di aborti in Polonia sono
controverse. Secondo le autorità sanitarie, il numero d’interruzioni volontarie di
gravidanza è salito da 500 nel 2012 a 1.812 nel 2014. Le associazioni femministe parlano,
invece, di almeno 80mila aborti l’anno, e forse di un totale di 200mila se si contano
le donne (non vittime di stupro, né con gravidanze a rischio) che già oggi vanno all’estero
per l’intervento. (L.Z.)
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