2016-04-04 13:35:00

Nagorno Karabakh, smentita tregua annunciata dall'Azerbaijan


Non è tregua in Nagorno-Karabakh, il territorio del sud del Caucaso conteso da Azerbaijan e Armenia e teatro di scontri negli ultimi giorni. Smentita la tregua annunciata da Baku. La situazione è irrisolta da quando gli armeni della regione votarono per l’indipendenza nel dicembre 1991 con un referendum boicottato dagli abitanti azeri: da allora, il Nagorno-Karabakh si definisce uno Stato indipendente sotto il controllo dell’Armenia appoggiata dalla Russia, ma non è riconosciuto a livello internazionale. Tra il 1992 e il 1994, i combattimenti più sanguinosi: 30 mila persone uccise e milioni di profughi. Dello scoppio della violenza dopo anni di sostanziale tranquillità, Fausta Speranza ha parlato con Aldo Ferrari, docente di Geopolitica dell’area tra l’Europa orientale e l’Asia occidentale, all’Università Ca’ Foscari di Venezia:   

R. – Purtroppo, quando una situazione è incancrenita, come avviene per quella del Karabakh da ormai quasi 20-25 anni, queste esplosioni sono prevedibili: sono già avvenute tante volte, anche se questa che stiamo vivendo è purtroppo la peggiore in assoluto degli ultimi anni. A mio giudizio, non c’è stata - o perlomeno io non mi sento in grado di affermare che ci sia stata - una ragione determinata scatenante, anzi in un certo senso accade in un momento un po’ sorprendente, in quanto è quasi coinciso con la visita del presidente Aliyev a Washington. Un’occasione nella quale aveva certamente chiesto, come sempre, l’immediato ritiro degli armeni dai territori occupati, ma non sembra vi fossero delle situazioni tali da prevedere una escalation del conflitto in questi termini. Purtroppo, però, essendo irrisolta la questione è avvenuto già tante volte che ci siano stati scontri armati di questo tipo seppure non a questi livelli.

D. – Allargando lo sguardo con un’ottica geopolitica, che cosa possiamo dire?

R. – Possiamo dire sostanzialmente questo: la potenza interessata alla riapertura del conflitto è sicuramente l’Azerbaijan. Badi che questo non vuol dire che siano stati gli azeri ad iniziare l’attacco, questo non lo so dire francamente… Fra le due potenze, però, quella che è più interessata al cambiamento della situazione sul campo è sicuramente l’Azerbaijan, perché gli armeni hanno occupato dei territori e quindi sono attestati su una posizione difensiva. E’ l’Azerbaijan che non accetta – del tutto legittimamente dal suo punto di vista – questo stato di cose. Solo che in questi ultimi mesi è successo qualcosa di particolare: l’Azerbaijan negli ultimi 15 anni ha conosciuto un grande sviluppo economico, si è riarmato pesantemente, ha più volte fatto capire di voler, in caso, usare le armi per riconquistare il Karabakh... Però, in questi ultimi mesi il Paese ha seri problemi economici: dipende grandemente dal petrolio di cui è forte esportatore e con un petrolio a prezzi così bassi il budget statale ne sta risentendo fortemente e cominciano a esserci dei segnali di insoddisfazione nel Paese. Si potrebbe forse dire – ma è una illazione non suffragata  da prove certe – che, come spesso avviene in questi casi, il governo possa essere tentato di fare una diversione dai problemi politici ed economici del Paese per concentrarsi sulla politica estera. Ma è un’illazione: in realtà, quello che abbiamo è l’ennesimo scontro armato nella regione. Le parti si rimpallano le responsabilità, la situazione rimane bloccata e soprattutto a livello internazionale non c’è la capacità – e forse la volontà – di intervenire in maniera chiara e decisiva.

D. – E’ troppo pensare che abbia un peso il fatto che la Russia si sia ritagliata uno spazio di politica internazionale diverso negli ultimi tempi?

R. – Questo naturalmente è possibile. Nel Caucaso la Russia – e non da adesso – ha una posizione di estrema importanza. E’ la Russia, in realtà, che in larga misura fa da arbitro nel Caucaso meridionale in questi conflitti e in particolare in quello tra l’Azerbaijan e l’Armenia. Essendo sostanzialmente alleata dell’Armenia, ma anche non nemica, anzi forte partner commerciale, dell’Azerbaijan. E’ certo che negli ultimi mesi Mosca si è molto rafforzata sulla scena internazionale e questo potrebbe aver avuto una qualche influenza. Ma non credo sia l’aspetto decisivo per lo scoppio del nuovo conflitto. 








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