Papa Francesco ha tenuto oggi una nuova udienza giubilare in Piazza San Pietro parlando dell'elemosina come aspetto essenziale della misericordia. Può sembrare una cosa semplice fare l’elemosina - ha esordito - ma dobbiamo fare attenzione a non svuotare questo gesto del grande contenuto che possiede. Infatti, il termine 'elemosina', deriva dal greco e significa proprio 'misericordia'. L’elemosina, quindi, dovrebbe portare con sé tutta la ricchezza della misericordia. E come la misericordia ha mille strade, mille modalità, così l’elemosina si esprime in tanti modi, per alleviare il disagio di quanti sono nel bisogno”.
Dio esige un’attenzione particolare per i poveri
“Il dovere dell’elemosina è antico quanto la Bibbia.
Il sacrificio e l’elemosina erano due doveri a cui una persona religiosa doveva attenersi.
Ci sono pagine importanti nell’Antico Testamento, dove Dio esige un’attenzione particolare
per i poveri che, di volta in volta, sono i nullatenenti, gli stranieri, gli orfani
e le vedove".
Lodare Dio con l'elemosina
E a braccio ha aggiunto: “Nella Bibbia questo è un
ritornello continuo, eh? Il bisognoso, la vedova, lo straniero, il forestiero, l’orfano:
è un ritornello. Perché Dio vuole che il suo popolo guardi a questi fratelli nostri.
Ma, io dirò che sono proprio al centro del messaggio: lodare Dio con il sacrificio
e lodare Dio con l’elemosina”.
La carità richiede un atteggiamento di gioia interiore
“Insieme all’obbligo di ricordarsi di loro, viene
data anche un’indicazione preziosa: «Dai generosamente e, mentre doni, il tuo cuore
non si rattristi» (Dt 15,10). Ciò significa che la carità richiede, anzitutto, un atteggiamento di
gioia interiore. Offrire misericordia non può essere un peso o una noia da cui liberarci
in fretta”.
Quelli che si giustificano per fare l'elemosina
A braccio ha aggiunto: “E quanta gente giustifica
sé stessa di dare l’elemosina dicendo: ‘Ma, come sarà questo, questo a cui io darò
andrà a comprare vino per ubriacarsi!’. Ma se lui si ubriaca, è perché non ha un’altra
strada! E tu cosa ne fai di nascosto? Che nessuno vede… E tu sei giudice di quel povero
uomo che ti chiede una moneta per un bicchiere di vino?”
Non distogliere lo sguardo dal povero e Dio non distoglierà da te il suo
"Mi piace ricordare l’episodio del vecchio Tobia -
ha proseguito - che, dopo aver ricevuto una grande somma di denaro, chiamò suo figlio
e lo istruì con queste parole: «A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina.
[…] Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo»
(Tb 4,7-8).
Sono parole molto sagge che aiutano a capire il valore dell’elemosina”.
Guardare negli occhi la persona che mi sta chiedendo aiuto
“Gesù - ha proseguito - come abbiamo ascoltato, ci
ha lasciato un insegnamento insostituibile in proposito. Anzitutto, ci chiede di non
fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità:
“Fai in modo che la tua mano destra non sappia quello che fa la sinistra”. Non è l’apparenza
che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede
aiuto. Ognuno di noi può domandarsi: ‘Io sono capace di fermarmi e guardare in faccia,
guardare negli occhi, la persona che mi sta chiedendo aiuto? Sono capace?”.
Elemosina non è dare una moneta offerta in fretta
“Non dobbiamo identificare, quindi, l’elemosina con
la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a
parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere
tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai
veri poveri. Insomma, l’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo;
è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto,
fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto”.
Elemosina è dare qualcosa che costa sacrificio
A braccio ha detto: “Fare l’elemosina anche deve essere
per noi una cosa che sia pure un sacrificio. Io ricordo una mamma: aveva tre figli,
di sei, cinque e tre anni più o meno. E sempre insegnava ai figli che si doveva dare
l’elemosina a quelle persone che la chiedevano. Erano a pranzo, ognuno stava mangiando
un filetto alla milanese, come si dice nella mia terra, ‘impanato’. E bussano alla
porta, il più grande va ad aprirla e viene dalla mamma: ‘Mamma, c’è un povero che
chiede da mangiare, cosa facciamo?’. ‘Ma gli diamo – i tre – gli diamo?’. ‘Bene, prendi
la metà del tuo filetto, tu prendi l’altra metà, tu l’altra metà, e ne facciamo due
panini’. ‘Ah no, mamma!’. ‘Ah, no? Tu dà del tuo. Tu dai quello che ti costa’. Questo
è il coinvolgersi con il povero. Io mi privo di qualcosa di mio per dartela a te.
E ai genitori, attenti: educate i vostri figli a dare così l’elemosina, a essere generosi
con quello che hanno”.
Si è più beati nel dare che nel ricevere!
E ha concluso: “Facciamo nostre allora le parole dell’apostolo
Paolo: «In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando
così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che
nel ricevere!”» (At 20,35; cfr 2 Cor 9,7). Grazie!”.
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