2016-04-11 12:57:00

Aborto. Consiglio d'Europa si contraddice sull'obiezione di coscienza


Controversa pronuncia del Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa sull’aborto in Italia. Secondo il Comitato, sulla base di un ricorso presentato dalla Cgil, le donne incontrerebbero difficoltà nell'accesso ai servizi pubblici d'interruzione della gravidanza. L'Italia violerebbe, quindi, ciò che viene definito "diritto alla salute", “forzandole” a rivolgersi a strutture private o all’estero. Roma è accusata anche perché discriminerebbe medici e personale sanitario non obiettore in materia di aborto. Paolo Ondarza ne ha parlato con Luca Volontè, direttore generale dell’associazione “Novae Terrae”:

R. – Il Consiglio che vigila sulla questione della Carta Sociale europea, che è stato interessato negli ultimi anni da questo ricorso della Cgil, non ha valutato con attenzione i dati che emergono annualmente sull’attuazione della 194 in Italia. Tra l’altro questo giudizio, sbagliato nel merito e nel metodo, è in contraddizione con il pronunciamento che era stato fatto sulla obiezione di coscienza, nel 2010, dal Consiglio d’Europa. Pronunciamento, nel quale non solo si invitavano gli Stati membri a tutelare innanzitutto il diritto all’obiezione di coscienza per tutti, ma anche – in quella sede – si era valutata la posizione italiana e si era preso atto che essa non era solo corretta, ma contemperava, da un lato, i diritti della donna e, dall’altro, i diritti degli obiettori di coscienza. 

D. – Eppure proprio gli obiettori di coscienza finiscono un po’ sotto la lente di ingrandimento con questa pronuncia, perché si legge che, considerata l’urgenza delle procedure richieste, in alcuni casi le donne che vogliono un aborto sono forzate, costrette, ad andare in altre strutture, rispetto a quelle pubbliche, in Italia o addirittura all’estero…

 R. – Ma, anche questa, è una parte del pronunciamento sconcertante. Proprio il Consiglio d’Europa, nella sua assemblea plenaria, approvò una risoluzione nella quale si dice esattamente che, appunto, da un lato, deve essere tutelata l’obiezione di coscienza da parte di tutti e, dall’altra, gli ospedali e i medici possono, e devono in alcuni casi, indicare altre cliniche per l’aborto. Non capisco questo accanimento, da parte non solo della Cgil, che ha mosso questo ricorso, ma anche questa ignoranza da parte della Commissione che valuta l’attuazione della Carta Sociale europea, nei confronti del nostro Paese, che – ripeto – è stata valutata come eccellente, come un esempio importante da seguire proprio dall’assemblea parlamentare quattro anni fa. 

D. – Eppure questa notizia creerà dibattito e farà opinione… 

R. – Purtroppo sì, perché l’Italia è un Paese, come purtroppo nel resto d’Europa, in cui non si fa memoria storica dei pronunciamenti europei. Verrà probabilmente strumentalizzata e spero che da parte del governo venga difesa la posizione italiana. 

D. – Che peso ha un pronunciamento come quello del Consiglio d’Europa? 

R. – Il testo della Commissione, che valuta l’attuazione della Carta Sociale europea, assolutamente nullo. Certamente è un segnale che ci dice come anche all’interno di istituzioni prestigiose come il Consiglio d’Europa si tenda a valorizzare pronunciamenti di organismi secondari e non si valorizzino a sufficienza i pronunciamenti, per esempio dell’assemblea parlamentare che, come ho detto, nell’ottobre del 2010 aveva detto tutt’altro e con una maggioranza ben qualificata tra i Paesi membri. 

D. – Nell’Esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, il Papa ribadisce  che la Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore dell’aborto e, in un altro passaggio, ribadisce che l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza, per chi opera nelle strutture sanitarie, deve essere tutelato…

 R. – Sì, il Papa ha ripetuto con entusiasmo, e con un approccio personale, la Dottrina della Chiesa su questi punti; ha ribadito un diritto umano fondamentale, che è quello dell’obiezione di coscienza, della libertà di coscienza, riconosciuto da moltissimi strumenti internazionali.

 D. – Un diritto laico?   

 R. – Assolutamente, è un diritto laico per tutti i cittadini di qualsiasi fede, religione, ed è un diritto che viene prima di molti altri, perché riguarda la persona in sé, cioè la dignità della persona, il proprio pensiero e la propria coscienza.

 D. – Perché si sta puntando a indebolire il diritto dell’obiezione di coscienza? Perché si sta ancora una volta chiedendo all’Italia di rivedere la propria normativa in materia di interruzione volontaria di gravidanza, di aborto?

 R. – Per molte ragioni. Già nel 2010 era partita questa pressione internazionale da parte di gruppi di interesse che hanno e fondano il loro interesse proprio sul numero di aborti e sul guadagno che si ha dal numero di aborti che viene praticato nei singoli Paesi. Oggi si vuole far pressione sull’Italia, perché ci si è resi conto, da parte di queste lobby, che se dovesse passare una legge che sdogana il matrimonio omosessuale, allora perché non tentare una legge che porti l’aborto ad una pratica “à la carte”, senza nessun limite, senza nessun restringimento. D’altronde, dobbiamo considerare anche un altro aspetto: le cliniche Ippf ('International Planned Parenthood Federation") in molti Paesi stanno chiudendo e vivendo, dunque, esclusivamente del loro guadagno hanno bisogno di espandere il proprio mercato. Così stanno tentando di fare anche in Irlanda. C’è un aspetto ideologico, quindi, e un aspetto economico: entrambi devono essere presi con adeguata attenzione, quando si discute di questi temi.








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