2016-04-11 14:00:00

Ravasi: il Brasile ha bisogno di conciliare misericordia e giustizia


Un Paese sulla “bilancia” di un bisogno di conciliazione interna che soddisfi le necessità della giustizia. È il Brasile incontrato nei giorni scorsi a Rio de Janeiro dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nella nuova tappa del “Cortile dei gentili” sul tema “Dio, cosmo, umanità: un dialogo di frontiera”. Il porporato interviene oggi presso l’Istituto Scienza e fede della Pontificia Università Cattolica di Paranà. L’inviato Silvonei Protz lo ha intervistato:

R. – Ho voluto sviluppare questo tema che mi era stato proposto tenendo conto di una sorta di viaggio. Il punto di partenza è uno sguardo a tre grandi immagini di Misericordia, tre grandi attori della Misericordia: Dio, Cristo e il cristiano. Poi, la seconda tappa è l’itinerario: camminare per le strade del mondo per la Misericordia. In questo caso, ho scelto storie che hanno al centro una strada, cioè la Parabola del buon Samaritano – la strada della solidarietà – e la Parabola del Figlio prodigo, che ha al centro una strada di perversione e di conversione. La mia conclusione, poi, è quella di far approdare al cuore della carità perché, curiosamente, nella Bibbia il verbo che indica la misericordia non è il cuore – come si dice in italiano “misericordia” – ma è il grembo della madre e quindi un amore appassionato.

D. – Quale Chiesa ha incontrato in Brasile?

R. – Ho trovato una Chiesa che agli occhi di un europeo si manifesta soprattutto con due volti diversi: il primo è un volto impressionante, quantitativo: il numero enorme di vescovi rappresenta una comunità molteplice dalle esperienze molto diverse, dalle personalità molto diverse e dalle origini etniche persino diverse. Dall’altra parte, un’esperienza qualitativa perché è una Chiesa molto vivace, avendo la possibilità anche di registrare dentro di sé come una sorta di mosaico dai colori molto diversi: pensiamo cosa significhi un vescovo che si trova nell’area di Rio de Janeiro, di San Paolo, e un altro che si trova invece nell’Amazzonia… È un mondo che perciò ha molto da insegnare soprattutto ora che sta attraversando un periodo anche di difficoltà e che respira però anche la crisi mondiale.

D. – Parlando con i vescovi – ho visto che molti sono venuti a parlare con lei – qual è stata la domanda più ricorrente?

R. – La domanda più ricorrente, proprio perché il tema proposto è quello della Misericordia, è quella di vedere come equilibrare, tenendo sui due piatti della bilancia sia la giustizia che la misericordia. Il grande anelito alla giustizia che ha attraversato questo Paese è lo stesso che attraversa i Paesi dell’America Latina per le ingiustizie e la corruzione, i temi che vengono spesso sviluppati in sede sociale. Però, sull’altro piatto bisogna mettere la misericordia che è dialogo, mitezza, perdono e comprensione. Io penso sia estremante importante che il Brasile viva questa esperienza che sta attraversando, tenendo conto sempre della forza del dialogo e della misericordia.

D. – Nei giorni scorsi lei, è stato a Rio de Janeiro in un evento singolare chiamato “Il Cortile degli incontri” che segue un po’ “Il Cortile dei gentili”. Come è stata questa esperienza?

R. – È stata una grande esperienza che ha avuto l’inizio per me nell’interno di orizzonti ben precisi. Pensiamo a quelli che lavorano nel mondo dell’industria, gli intellettuali, per passare poi alla dimensione popolare, le scuole di samba per esempio, per andare poi anche all’interno dell’orizzonte persino dei bambini, con la loro esperienza così vivace, così intensa, andando anche verso quei ragazzi che vengono dalle favelas che sono stati quasi – direi - trasfigurati; pensiamo all’orchestra che comprende tra l’altro una scuola con 1200 alunni che permette perciò di prendere questi ragazzi dispersi e per farli diventare degli esecutori raffinati anche di opere musicali occidentali. Poi c’è stato il sugello nel Teatro Municipal che è stato anche sugello alla visita di Papa Francesco, dove effettivamente l’incontro ha avuto tutte le sue espressioni con una folla immensa e con un dialogo molto rigoroso, molto impegnativo, sull’etica e sulla trascendenza, temi sicuramente non quotidiani seguiti da una folla di duemila persone con una tensione impressionante e conclusi, sigillati, dal canto di Maria a Betania che è stata una forma poetica di trascendenza.








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