2016-04-13 11:10:00

25 anni fa il ripristino delle strutture cattoliche in Russia


Ricorrono oggi i 25 anni dal ripristino delle strutture cattoliche della Federazione russa, per volere di san Giovanni Paolo II. Era infatti il 13 aprile 1991 e dopo 70 anni di clandestinità la Chiesa cattolica in Russia trovò nuova vita. Intanto a seguito dello storico incontro all’Avana nel febbraio scorso tra il Papa e il Patriarca russo Kirill, nei giorni scorsi (6 e 7 aprile) una delegazione bilaterale dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca e della Chiesa ortodossa russa ha visitato il Libano e la Siria per promuovere iniziative, coordinare gli aiuti e sostenere i cristiani in difficoltà. Ne parla al microfono di Paolo Ondarza l’arcivescovo cattolico di Mosca, mons. Paolo Pezzi:

D. – Abbiamo avuto la possibilità di visitare alcune chiese e anche di vedere le iniziative, soprattutto in Libano: abbiamo potuto visitare un campo di profughi siriani; abbiamo incontrato alcune famiglie; abbiamo visitato una mensa per i più poveri … In secondo luogo, c’è stato un incontro allargato a tutte le realtà cristiane presenti a Damasco, testimonianza di come hanno vissuto e vivono i cristiani la loro fede, il dramma di dovere lasciare le proprie case, le aspettative e i desideri di ritorno.

D. – C’è stata una vera e propria diaspora, una fuga dei cristiani, visto lo stato delle violenze …

R. – Certo! Anche perché in alcune città parliamo di distruzioni fino al 60, 70, 80 e anche 90% delle case.

D. – Che situazione avete trovato tra i cristiani ancora presenti?

R. – Grande apertura e accoglienza; un vivo desiderio di rimanere … Certo, abbiamo incontrato anche persone molto provate, ma senza avere perso la speranza; e una seconda cosa che a me personalmente ha molto colpito è stata l’assenza completa di qualsiasi forma di rancore verso coloro che hanno fatto del male ai cristiani.

D. – Quanto accaduto con questa delegazione bilaterale dell’arcidiocesi cattolica della Madre di Dio a Mosca e della Chiesa ortodossa russa, è una esemplificazione, un rendere concreto quel concetto di unità che si costruisce “camminando”, come il Papa ha detto al termine del colloquio con il Patriarca di Mosca, all’Avana?

R. – Proprio così, esattamente come lei ha detto, cioè pensare all’unità non come a qualcosa di statico o dottrinale, a tavolino, ma qualcosa “in cammino” e come testimonianza di una operosità – per grazia di Dio! – nei confronti di coloro che soffrono maggiormente.

D. – Oggi, 13 aprile, ricorrono i 25 anni dalla ricostituzione delle strutture ecclesiastiche cattoliche della Federazione russa, voluta – dopo 70 di clandestinità – nel 1991 da San Giovanni Paolo II …

R. – Siamo veramente pieni di gratitudine al Santo Papa Giovanni Paolo II, perché l’istituzione di queste strutture ecclesiastiche fu realmente la possibilità di iniziare anche un lavoro pastorale con i cattolici. Come ben sappiamo e come – tra l’altro – mi hanno commoventemente testimoniato i cristiani in Siria, là dove c’è il vescovo, c’è la Chiesa, c’è la possibilità di vivere il legame con Pietro, la possibilità di ritrovarsi, la possibilità di ricevere i sacramenti e di testimoniare la propria fede. Vorrei anche esprimere la mia gratitudine a tutti i sacerdoti all’estero, perché evidentemente la Chiesa cattolica non aveva, negli anni Novanta, in Russia, un proprio clero, che hanno dato la propria vita – letteralmente! – per far crescere nella fede le persone e le comunità cattoliche in Russia.

D. – Come sono cambiate le cose da allora, e che valore assume questo anniversario?

R. – Ci dice di essere sempre e innanzitutto grati a Dio per quello che ci viene dato; in secondo luogo, di non perdere mai la speranza, perché anche nelle situazioni più difficili c’è sempre una luce che ci permette di andare avanti. Ricordo una vecchietta in Siberia che, anni fa, all’inizio del mio ministero sacerdotale in Siberia – perché anche io ho partecipato a questa rinascita, negli anni Novanta – mi disse: “Guardi, padre, quando sono stata deportata ero una bambina di dieci anni, negli anni Trenta; e mia madre mi disse: ‘La chiesa – dove allora vivevano, nella Russia europea – che adesso è stata distrutta, tu non la vedrai più, e anche io non la vedrò più. Ma ricordati che un giorno tu rivedrai un sacerdote e rivedrai la possibilità che queste chiese rinascano’”. Lei me lo raccontava molto commossa, dicendo: “Vede, padre, dopo 45 anni, io sono testimone che quello che mi diceva mia madre è una cosa vera, e io  non ho mai perso la speranza, in questi anni”.








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