2016-04-13 15:12:00

Pombeni sul ddl Boschi: importante scegliere bene i senatori


La riforma istituzionale approvata definitivamente ieri sera alla Camera, in assenza delle opposizioni, ridisegna il sistema parlamentare italiano superando il bicameralismo perfetto. Tra le maggiori novità, un Senato formato da soli 100 senatori, rappresentanti di regioni e Comuni, non più eletti direttamente dai cittadini e che avrà funzione per lo più consultiva. La riforma sarà ora sottoposta a referendum, probabilmente a ottobre. Secondo la presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, il parlamento in questo caso ha lavorato per trovare la mediazione più alta per raggiungere l’obiettivo. E’ così? Adriana Masotti ha sentito il parere del politologo, Paolo Pombeni, direttore dell’Istituto storico Italo-Germanico di Trento:

R. – Sì, io credo di sì. Perché se noi riguardiamo la storia dei tentativi di riforma costituzionale – la prima Commissione formale, in questa direzione, è stata la Commissione Bossi nel 1983, quindi qualche decennio fa – vediamo come tutte queste Commissioni alla fine si sono impaludate sul fatto che nessuno voleva andare a trovare un punto di mediazione. Anche in questo caso, le opposizioni non hanno cercato alcun mediazione, non hanno fatto alcuna proposta ragionevole e questo, purtroppo, ha lasciato modo alla maggioranza di rendere più ruvido il suo progetto di riforma e di arrivare a una riforma che sicuramente presenta molti punti di debolezza, ma che alla fine si è rivelata l’unica riforma possibile. Rimangono aperti i campi per migliorare singole debolezze: la scrittura di una buona legge elettorale regionale che contenga una normativa atta ad avere dei senatori all’altezza del compito. E poi su altri punti si potrà intervenire in seguito. Soprattutto, vedremo in seguito come questi organismi riusciranno a conquistarsi uno spazio e a funzionare.

D. – La riforma adesso sarà sottoposta al referendum. Certo, un referendum non facile…

R. – Di questo non c’è dubbio. Molti sostengono che sarebbe stato meglio fare più referendum e quindi un referendum sui singoli blocchi di articoli. Questo risultava, però, molto difficile.

D. – Obiettivo della riforma è la velocizzazione dell’approvazione delle leggi. L’iter adesso sarà: la Camera approva una legge, il Senato la esamina e suggerisce anche modifiche, ma la Camera potrà poi anche non tenerne conto. Quindi, qual è questo ruolo che si ritaglia il Senato?

R. – Guardi, questo è un ruolo fortemente politico. Perché, che cosa succede? La Camera fa la proposta, il Senato dice motivatamente: “Questa proposta è pessima”... Certo la Camera può dire: “No mi interessa, io la riapprovo così”… Ma lei si immagina cosa succederebbe di fronte all’opinione pubblica ovviamente qualora il Senato avanzasse serie critiche... Ci sono i giornali, c’è il dibattito pubblico nel Paese… L’idea che la Camera possa dire “non mi interessa” è un’idea del tutto astratta, a meno che il Senato non sia così debole da usare questo potere semplicemente per giochetti, pretesti: in questo caso, naturalmente la Camera sarà più che autorizzata a dire: “I vostri giochetti fateveli voi, a me non interessano”. Ma se questo potere viene usato in senso proprio, difficilissimamente potranno fare finta di niente. E’ nell’interesse di tutti accogliere critiche costruttive.

D. – Mi sembra che il presupposto sia, dunque, una classe dirigente matura, insomma consapevole…

R. – Assolutamente e questo è il vero problema. La chiave vera sarà chi va al Senato: se al Senato ci mandano – e adesso lo dico con una battuta – gli uscieri dei consigli regionali, il Senato sarà una entità senza alcun tipo di rilievo. Se invece ci mandano personaggi di statura, come sono molti presidenti delle regioni e molti consiglieri regionali, allora è chiaro che non tenere conto del peso politico di queste persone diventerà molto più difficile. Il vero problema – come giustamente diceva lei – è alzare la qualità della classe dirigente. Ora, questo innalzamento su un Senato più piccolo può anche essere più facile, ammesso che le forze politiche vogliano impegnarsi in questa direzione e ammesso soprattutto che la gente voglia questo tipo di risultato.

D. – Quindi, secondo lei, non ci deve dispiacere – da comuni cittadini – del fatto che adesso il Senato non sarà più eletto direttamente da noi?

R. – No. Io credo che il problema vero sia quello di avere una buona legge che costringa i Consigli regionali, nel loro sistema elettorale, ad avere dei criteri di scelta molto buoni, che mettano i cittadini di fronte a delle scelte. Se i cittadini possono decidere questo tipo di scelte, queste scelte diventano più pesanti perché più pesante è mandare due persone di alta qualità in un organo, che non mandarne 30 raccattate nelle fila dei professionisti della politica.








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