2016-04-14 14:38:00

Pax Christi: la non violenza non è strada infantile, è lotta


"Come cristiani impegnati per un mondo più giusto e pacifico, siamo chiamati a una presa di posizione chiara in favore della non-violenza, attiva e creativa, e contro ogni forma di violenza". Con questa convinzione, ribadita in un appello conclusivo indirizzato a tutti i cattolici, decine di rappresentanti, laici e religiosi, provenienti dai cinque continenti, si sono radunati per tre giorni a Roma per una Conferenza promossa da Pax Christi International e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Sugli obiettivi dell'incontro Fabio Colagrande ha intervistato don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia:

R. – L’obiettivo era di fermarsi a guardare in faccia la realtà, leggendola con un valore fondamentale per noi, che è quello della non violenza, e mettendo anche in discussione quella visione che per tanti anni ha accompagnato la prassi e le riflessioni della Chiesa, quella della “guerra giusta”. Era un seminario di circa 80 persone, con Pax Christi e il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: non c’erano dei veri e propri relatori, ma l’ascolto di tante testimonianze, per leggere dalla loro esperienza quali strade percorrere. E siamo – diciamo - arrivati alla conclusione, anche in un documento finale, che l’unica strada percorribile sia quella dell’esclusione comunque delle guerra – “Alienum est a ratione”, non c’è giustificazione – mentre la strada della non violenza non è solo per anime pie, una strada innocente un po’ infantile, ma è prassi, è lotta. C’erano anche tanti testimoni: dal Burundi, all’Iraq, allo Sri Lanka, alla Corea del Nord, al Sud Sudan, al Giappone, alle Filippine, al Messico. E ci siamo fermati proprio a dire: dobbiamo chiedere ai credenti e ai non credenti di scegliere davvero con coraggio la strada della non violenza, perché è l’unica via della vita. La guerra è una strada di morte e questo ce lo conferma anche la storia!

D. – A confermare l’impegno di questa conferenza internazionale anche il messaggio di Papa Francesco, che ha parlato di obiettivi come il disarmo integrale, la creazione di ponti, combattere la paura e avviare un dialogo aperto e sincero: tutti obiettivi importanti, anche se faticosi…

R. – Un atteggiamento di fondo, un fil-rouge delle testimonianze è stato proprio quello del vincere la paura, perché è la paura che poi alimenta la violenza. Quindi lavorare su questo è importante, e quindi – appunto – c’è tutto l’impegno per il disarmo. Non si può parlare di pace e poi renderci conto – lo abbiamo visto dai dati del Sipri, in questi giorni – che il mondo spende quasi 1.700 miliardi di dollari in un anno in armamenti, e quindi più rispetto all’anno precedente: questo vuol dire che si sceglie la strada della guerra. E vediamo anche il crescere di muri: alla frontiera del Brennero, con delle prese di posizione critiche molto forti, sia dei vescovi austriaci che del vescovo di Bolzano. E ci rendiamo così conto che la strada non può essere quella dei muri, della paura. E’ proprio un’altra: quella del dialogo come promessa fondamentale per una vita di pace e di non violenza. Credo che di impegni ce ne siano, perché impegnano le nostre parrocchie, la nostra catechesi, i pastori, le persone che lavorano, i laici.

D. – Come si è arrivati - nel tempo – nel mondo cattolico, a questo rifiuto esplicito, che è stato confermato da questa conferenza internazionale, della dottrina della “guerra giusta”?

R. – Credo che sia avvenuto guardando la realtà e rendendoci conto che la guerra non ha mai risolto le situazioni: non ha risolto in Libia, dove dopo aver accarezzato Gheddafi abbiamo poi bombardato; non ha risolto le situazioni in Iraq, Afghanistan… Diciamo che non è ancora acquisito in modo totale, ma il cammino su cui dobbiamo andare è proprio questo. Direi che, come diceva don Tonino Bello, che “la strada della pace è un cammino, a volte in salita”. Non lo diamo mai per acquisita. Sicuramente, mentre in passato si benedivano le guerre, si benedivano le armi o si arrivava addirittura a dire “una guerra giusta o santa”, oggi la coscienza è maturata anche di fronte a quello che sta succedendo, di fronte ai massacri, alle ingiustizie, alla concentrazione di ricchezza in mano a pochi, a una guerra anche economica di furto delle materie prime… Tutto questo porta a dire che la strada deve essere un’altra.








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