2016-04-18 10:29:00

Tagle: visita di Francesco a Lesbo per vincere paura dei migranti


Una visita per testimoniare la vicinanza a chi soffre, ma anche una visita per scuotere le coscienze e vincere la paura. A due giorni dalla visita di Francesco a Lesbo tra i profughi e all’indomani del nuovo appello per i migranti levato dal Papa al Regina Caeli, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, che - come presidente di Caritas Internationalis - aveva visitato pochi mesi fa i profughi siriani nel campo di Idomeni al confine con la Macedonia:

R. – Il mio primo sentimento è di gioia, perché i profughi – la gente che soffre – ha bisogno di un appoggio: non solo di un appoggio esteriore, ma di una manifestazione di compassione che viene da un cuore puro, sincero. Questa visita non ha niente a che vedere con un’agenda politica, con il proselitismo, ma per me è una testimonianza, che dà speranza e gioia a tutti, specialmente ai profughi. L’anno scorso sono andato al campo profughi di Idomeni in Grecia, vicino alla Macedonia. Lì ho visto, ho sentito, ho toccato la sofferenza… E la gente che soffre è consolata, consolata, con atti semplici. Semplici atti di amore e di compassione. La presenza del Santo Padre bastava per offrire questa consolazione.

D. – Papa Francesco ha portato con sé tre famiglie di rifugiati. E proprio Papa Francesco ha detto in un’occasione che le opere di misericordia sono la “manifestazione della vita cristiana”. Questo gesto è anche una chiamata, un esempio per tutti i cristiani…

R. – Sì, veramente lo è! Io voglio aggiungere che la carità – la misericordia – si manifesta in atti concreti. Non basta però un atto esteriore, perché il cuore da cui scaturisce questo atto è un’altra cosa. Ad esempio, nel mondo politico - durante le elezioni - vediamo tanti, tanti atti di benevolenza da parte dei candidati, però io mi domando: “Ma loro, sono sinceri?”. Il Santo Padre lo ha manifestato, sì, con un atto concreto, quello di portare a Roma i profughi: non solo individui, ma famiglie, per proteggerle, perché la famiglia deve restare insieme, nella sofferenza, così come nella gioia e nella speranza. Però io sono sicuro che queste tre famiglie che vengono dalla Siria hanno sperimentato un amore misterioso… Da dove viene questo atto di carità, si chiedono? Da un cuore ecclesiale, dal cuore di un Papa!

D. – Si può sperare che, dopo questa visita, le immagini che tutto il mondo ha potuto vedere, di sofferenza, ci sia un risveglio delle coscienze, dei cuori e delle menti degli europei, soprattutto dei leader politici dell’Europa?

R. – Speriamo, certo! Io credo che tanti leader e anche la gente, specialmente qui in Europa, ha paura, paura dei profughi: paura di ricevere questi stranieri, questi migranti… Però, noi dobbiamo far fronte a questa paura: per me la via giusta è quella di incontrare le persone. Io per esempio, vedendo i ragazzi delle famiglie di profughi, mi sono reso conto che questi sono dei ragazzi normali, come i bambini delle altre famiglie… Le mamme e i papà dei rifugiati sono simili agli altri papà e alle altre mamme che desiderano solo il bene per le loro famiglie! Questi pensieri, però, vengono da un incontro personale, perché senza incontro personale c’è solo la paura, la paura prevale. Speriamo che questo esempio del Santo Padre, dell’incontro personale, faccia diminuire questa paura.








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