2016-04-19 08:09:00

La gioia delle famiglie siriane portate dal Papa a Roma da Lesbo


“Per noi è ancora un emozione incredibile, un sogno essere a Roma!” C’è ancora stupore ed incredulità nelle tre famiglie siriane portate a Roma dal Papa, durante il suo viaggio nell’isola greca di Lesbo, e accolte nella capitale, dalla Comunità di Sant’Egidio. Linda Bordoni ed Helene Destombes hanno raccolto la testimonianza di Hassan e Nour Zahidà la coppia più giovane dei tre nuclei, arrivati in Italia con il loro bambino. Il servizio di Marina Tomarro:

Una fuga iniziata da Damasco in Siria, e proseguita verso Aleppo per raggiungere la Turchia e da li cercare di raggiungere la Grecia con un barcone di fortuna. E’ stato questo il lungo e periglioso cammino che Hassan e Nour insieme al loro figlio sono stati costretti a percorrere per fuggire dalla guerra. Ascoltiamo le parole di Nour:

R. - Nous avons quitté la Syrie…
Noi abbiamo lasciato la Siria nel dicembre del 2015, perché mio marito era stato richiamato alle armi: in quel periodo, infatti, richiamavano tutti gli uomini tra i 18 e i 45 anni per unirsi all’esercito siriano, perché si era in guerra! Il nome di mio marito era segnalato ad ogni caserma di Polizia e quindi non potevano uscire dal Paese attraverso le frontiere regolari, ufficiali. Siamo stati obbligati di prendere il “cammino illegale”.

D. - Quando tempo siete rimasti a Lesbo?

R. - Un mois… nous sommes arrivés le 18 Mars …
Un mese. Siamo arrivati il 18 marzo. Circa un mese…

D. - Come si svolgeva la vostra vita nel campo?

R. – En premier temps, super. Dans les premiers cinq jours.
In un primo momento era buona… Ma questo solo nei primi cinque giorni, perché non vi era molta gente. Dopo sono arrivate tantissime famiglie e quindi nel campo c’erano tantissime famiglie, tanta gente… E l’acqua non c’era, neanche nei bagni: semplicemente non c’era acqua sufficiente per tutti! Ci hanno anche detto che avrebbero dovuto mettere insieme in un’unica stanza anche 2-3 famiglie… Sì, questa è stata la vita nel campo nell’ultimo periodo…

Poi la notizia improvvisa ad inaspettata di essere stati scelti tra quelle famiglie che il Papa avrebbe portato con se a Roma. E l’emozione diventa difficile da raccontare. Ascoltiamo il marito Hassan

R. – Actually, that was …
E’ stato davvero un sogno. Noi stavamo comprando qualcosa in centro, a Lesbo, alle otto di sera; siamo rientrati nel campo di Karatepe e il responsabile, Stavros, ci ha detto che qualcuno aveva scelto tre famiglie per portarle in Italia. Non ci hanno detto niente, però, del tipo di volo e con chi fosse. Quindi non ci hanno detto nulla del Papa e che sarebbe stato un volo speciale con lui.

D. - E cosa avete provato, quando lo avete scoperto?

R. – Actually that was …
E’ stato di nuovo un sogno, veramente. Non riuscivamo a capire cosa stesse succedendo. Poi lo abbiamo capito, quando abbiamo incontrato il responsabile della Comunità di Sant’Egidio.

E l’incontro con il papa rimarrà un ricordo da portare nel cuore per sempre. La gioia di Hassan:

R. – Yes, we met the Pope at the airport…
Sì, abbiamo incontrato il Papa all’aeroporto. Ci ha chiesto della situazione a Lesbo e noi gli abbiamo detto che apprezzavamo gli sforzi fatti per i rifugiati, specialmente quelli siriani, quelli provenienti dal confine fra la Macedonia e la Grecia ed anche quelli rinchiusi nei campi di Keratepe e Moria.

Grande è la riconoscenza dei due sposi verso il Pontefice. Ascoltiamo le parole di Nour:

R. – Je tiens à remercier le Pape pour son geste…
Voglio ringraziare il Papa per il suo gesto. Non c’è stato nessun uomo religioso musulmano e nessun presidente arabo – e questo l'ho detto già tante volte – che abbia fatto la stessa cosa. Si dice che condividiamo le stesse cose - condividiamo la stessa lingua, condividiamo la stessa religione – ma non c’è stato un uomo religioso o un Presidente arabo che abbia sentito la nostra sofferenza. Soltanto il Papa! Il Papa ha pregato per noi, ha sentito la nostra sofferenza; ha deciso di andare a Lesbo per vedere realmente cosa stesse succedendo; è andato a visitare il campo di Moria, in cui ci sono tante tensioni, per vedere cosa succedesse. Quindi voglio dirgli: “Grazie! Grazie! Grazie per averci salvati!”. Io spero che questo suo gesto possa influenzare e toccare tutti, che possa cambiare le posizioni politiche e che le frontiere si possano aprire davanti a tutti questi rifugiati. Ci sono tante, tante situazioni difficili al campo e ci sono tantissime persone che hanno bisogno di aiuto. E sono tutte persone normali, che hanno dovuto abbandonare tutto a causa della guerra. Noi abbiamo dovuto lasciare il nostro Paese a causa della guerra… Noi vogliamo solo vivere in un luogo che sia libero, che rispetti tutte le persone, che rispetti tutte le religioni.

Finalmente questa famiglia può guardare verso il futuro con gioia. I loro commenti:

(Hassan)
R. – Actually the dream…
Il nostro sogno, veramente, è di venire accettati qui in Italia, in particolare in Italia. Spero di poter avere una nuova vita qui, al sicuro, specialmente per i miei figli e per mia moglie. Siamo alla ricerca di una vita sicura. Non c’è nessun problema con il Paese. Il mio sogno infatti era quello di raggiungere un Paese che fosse sicuro per la mia famiglia; di integrarmi nella comunità italiana; di avere una vita completa assieme alla mia bella famiglia.

(Nour)
R. – Pour mon fils, j'espère..
Per mio figlio: spero che abbia una vita felice, che possa giocare insieme agli altri, che completi i suoi studi, che impari la lingua italiana e che si possa integrare bene nella società; per me e mio marito, che troviamo un lavoro. Io volevo dire che siamo persone normali. Non siamo dei jihadisti; non siamo dei terroristi! Siamo delle persone normali come voi. Sogniamo soltanto una vita normale in un Paese in cui vi sia la pace. Vi amiamo. Noi apparteniamo ad un comunità mista, vivevamo con i cristiani, con i musulmani, con gli alawiti… Non siamo jihadisti! Non siamo terrorismo! Non abbiamo alcuna forma di razzismo verso gli altri..








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