2016-04-19 08:09:00

“Uomo tra gli uomini”. Al Sistina la vita di San Giovanni Paolo II


“La Santità non è riservata ad un élite, ma una chiamata universalmente valida”. E’ la sfida e filo rosso del musical “Uomo tra gli uomini. Cos’è la santità se non un sì” in scena al Teatro Sistina di Roma i prossimi 25 e 26 aprile. Lo spettacolo, in due atti, ispirato alla vita di San Giovanni Paolo II è diretto e ideato da Sabrina Moranti. Per la prima volta venne presentato nel 2014 per la canonizzazione di Karol Wojtyła. Oggi, il Musical con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, si inserisce tra gli eventi culturali legati al Giubileo della Misericordia. Massimiliano Menichetti ha intervistato il produttore e marito di Sabrina, Quirino Marchegiani, fondatore di QMedia srl:

R. – E' evento culturale che si colloca all’interno della Giubileo della Misericordia. E mi piace ricordare come, nella Bolla di Indizione, Papa Francesco faccia spesso riferimento alla “Dives in Misericordia”, l’Enciclica del 1980 di San Giovanni Paolo II. E' un musical che vuole esaltare e far tornare un ricordo vivo la vita straordinaria di San Giovanni Paolo II e la sua Santità.

D. – Tu produci il Musical, tua moglie ha una parte fondamentale…

R. – Il Musical è scritto e diretto da mia moglie. Due anni fa lo abbiamo rappresentato, in occasione della canonizzazione di San Giovanni Paolo II, all’Auditorium Conciliazione.

D. – La struttura del Musical non è narrativa, ma “evocativa”... 

R. – Non c’è sul palcoscenico un protagonista vestito da Papa, che impersona la figura di San Giovanni Paolo II, ma ci sono persone che sono venute a contatto con la sua santità e beneficiano di questo. Per cui le loro vite ordinarie diventano “straordinarie” seguendo questa Santità.

D. – Il Musical parte dalla morte di San Giovanni Paolo II, poi come si dipanano le storie?

R. – Alcuni amici si ritrovano a San Pietro durante la veglia funebre, il 2 aprile del 2005, vanno a casa di uno di loro e sfogliando un album di vecchie fotografie ripercorrono alcune esperienze salienti delle loro esistenze. Per esempio, c’è la coreografia, commovente, della donna sterile che non riesce ad avere figli, che seguendo in un viaggio il Santo Padre in India insieme al marito, si apre alla vita e adotta una bambina indiana. Il “leitmotiv” del Musical, in una coreografia, in una canzone, è “incondizionatamente, fiduciosamente, coraggiosamente, sì!”. Cos’è la santità se non rispondere a una chiamata?

D. – Sul palco dunque l’uomo, il Papa, ma anche – avete avuto il coraggio – di mettere l’antagonista: il Male?

R. – La trovata drammaturgica, scenica, è quella per cui il protagonista è esaltato dal suo antagonista. Il Male, questo personaggio seduttivo, istrionico, che cerca di intavolare dei dialoghi con il pubblico, prova in tutti i modi a scompaginare questi piani di amore pensati dal Padre, attuabili ed attuati da San Giovanni Paolo II. E il Male non vince, perché la Risurrezione di Cristo ci dà la certezza della vittoria sulla morte. Il Bene è talmente radicato nel cuore dell’uomo che alla fine la voce di Dio si riconosce: te ne accorgi, la senti.

D. – Papa Francesco indice il Giubileo della Misericordia; San Giovanni Paolo II incardina la sua seconda Enciclica nella misericordia; Benedetto XVI parla della centralità dell’idea della misericordia di Dio come di un “segno dei tempi”. Tre Papi nel solco dell’amore di Dio, nella misericordia: questo come emerge dal vostro lavoro?

R. – Si vede nel momento in cui enunciamo che la santità è una risposta, è dire un “sì”. E tu non puoi dire “sì” a una chiamata se non ti senti profondamente amato, perdonato, se non incontri questa misericordia che trascende, che ti invade. Allora, tutti questi uomini e donne, descritti nel Musical, hanno impattato con la misericordia di Dio nelle loro difficoltà, e anche nelle loro ribellioni, ma poi alla fine veramente incontrano come una presenza viva, e come una persona, la misericordia, che è il nostro Signore Gesù Cristo.

D. – Perché, secondo te, bisognerebbe venire a vedere il vostro lavoro?

R. – Noi pensiamo che questo Musical si rivolga a tutti. Ed è un segno che venga rappresentato nel tempio laico dei Musical – il Sistina – perché, come si canta in una delle ultime coreografie e delle ultime scene, la santità non è un qualcosa di riservato ad una élite: questa è la nostra convinzione più profonda. È un Musical fruibile per tutti, e anche per chi adesso pensa di non avere un rapporto intimo con Cristo, di essersi allontanato, di sentirsi deluso, vedendo questo Musical può trovare un nuovo spunto per avere un incontro forte, intimo, personale con nostro Signore Gesù Cristo.








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