2016-04-21 13:50:00

Responsabili Caritas: la Parola di Dio mette gli ultimi al centro


Dopo tre giorni di Convegno nazionale, i rappresentanti delle Caritas diocesane sono stati ricevuti dal Papa. Ascoltiamo alcune loro testimonianze a partire da quella di Isacco Rinaldi, direttore della Caritas di Reggio Emilia-Guastalla, intervistato da Michele Raviart:

R. - Quando ci troviamo di fronte ad un povero dobbiamo avere la forza di avere ancora il mal di stomaco, di commuoverci e di rimettere in discussione un po’ il nostro stile di vita e di Chiesa. Penso che questo sia un po' il tarlo con il quale rientriamo nelle nostre diocesi: far sì che i poveri ritornino al centro della pastorale delle nostre chiese.

D. - Che cosa significa essere al servizio degli ultimi, dei poveri, in una realtà come quella di Reggio Emilia?

R. – Vuol dire provare a camminare insieme alla comunità parrocchiale creando, più che altro, delle opportunità di relazioni vere con chi vive nella marginalità.

D. – Don Nicola De Blasio, direttore della Caritas di Benevento, che cosa è emerso da questi tre giorni di convegno della Caritas?

R. – Abbiamo cercato di ribadire il nostro essere Chiesa, il nostro essere segno per gli altri, un segno di contraddizione che dovrebbe poi spingere la grande politica a fare delle scelte che vadano sulle persone e non sulle grandi questioni che dimenticano invece poi la singola persona che muore, che soffre, che ha fame, che non ha casa. Quindi, con il nostro servizio cerchiamo di ricordare loro qual è lo scopo principale della politica.

D. – Nino Mana della Caritas di Fossano: quanto è importante per voi l’incontro con il Papa?

R. – La Caritas guarda al Papa come ad un faro. Ci dà sovente delle indicazioni per il nostro operare, in particolare ha stimolato ciascuna comunità, ciascuna Caritas locale, a mettere nel giusto posto, nel giusto rilievo gli immigrati - che possono essere motivo di grazia – la loro accoglienza nelle nostre comunità e per ripartire dai poveri, per costruire la carità e anche per correggere un po' la mentalità formata nei confronti di questa gente che è fatta di pregiudizio, di condanna a priori, di paura.

D. – Don Pino Straface della Caritas di Rossano, quali sono le difficoltà nell’accoglienza?

R. – Purtroppo viviamo in una società in cui l’integrazione non è molto sentita, per cui una delle obiezioni che spesso ci rivolgono è che come Caritas aiutiamo di più gli stranieri, accogliamo di più quelli che vengono da fuori e non ci occupiamo della gente del posto, cosa ovviamente non vera, però – purtroppo – ci sono ancora dei pregiudizi che bisogna smontare.

D. – Si possono superare queste difficoltà mettendo al centro il messaggio cristiano …

R. – Certamente, a partire dalla Parola di Dio e poi passare dalla "cultura dello scarto" – come la chiama Papa Francesco -, la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione e mettere i poveri veramente al centro delle comunità ecclesiali.

D. – Don Paolo Catinello, della Caritas di Noto che comprende anche il porto di Pozzallo, qual è stato per voi il significato del viaggio del Papa a Lesbo?

R. – Lesbo rappresenta sicuramente una tappa fondamentale dal punto di vista motivazionale, perché non nasconde la fatica dell’accoglienza ma soprattutto dell’integrazione. Il Papa con questo segno molto forte ci dice quel è la strada, il sentiero da percorrere.

D. – Cosa significa per voi accogliere e integrare?

R. – È la grande sfida di un popolo che non si chiude dentro delle mura, ma che si apre all’accoglienza perché le differenze non ci impoveriscono ma ci arricchiscono e ci fanno riscoprire ancora meglio la nostra fede.

D. – Il Papa ha ricordato l’importanza del volontariato per i giovani. Che significa per te Gianluca?

R. – Per me significa entrare in relazione con ogni persona che mi trovo davanti, nella fattispecie gli ultimi, parlare e interagire con loro, mettendosi davvero a nudo e condividendo emozioni, pensieri, quindi sentendo ciò che sentono gli altri, facendo in modo che a loro volta possano sentire quello che sento io.

D. – E per te Francesco?

R. – Di solito c’è molta diffidenza. La gente dice: “Le cose vanno male… “, e si siedono sugli allori. Secondo me il cittadino deve essere un cittadino attivo: tutti dobbiamo fare qualcosa di più. Io mi sento di restituire un po’ di quello che ho ricevuto, in primis come cristiano. Purtroppo ho visto che negli ultimi anni è aumentata la percentuale di italiani che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.








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