2016-04-21 14:00:00

I medici e il dolore: presentato un Manifesto d'impegno


Il tema del dolore da semplice problema sanitario deve diventare una vera e propria questione etica mondiale: lo sostengono i medici italiani che ieri hanno consegnato a Papa Francesco, durante l’udienza del mercoledì, e all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, un Decalogo con cui si impegnano a prendersi carico della sofferenza della persona malata. Alla presentazione alla stampa del manifesto c’era per noi Adriana Masotti:

Dal 2010 c’è una legge in Italia che garantisce al malato l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Si tratta di una legge all'avanguardia, indicata come modello di eccellenza dalla Commissione Europea, eppure ancora fortemente disattesa con alti costi per chi continua a soffrire e per la collettività, basti pensare ai tanti giorni di forzata assenza dal lavoro. Da qui l’impegno rinnovato dei medici, come spiega il prof. Massimo Aglietta, ordinario di oncologia medica presso l’Università degli studi di Torino:

R. – Perché la legge ha dato gli strumenti, però l’applicazione non è stata omogenea in tutte le Regioni; e anche lì dove è stata molto spinta l’applicazione di questa legge, ci sono ancora delle resistenze culturali nei medici, ma non solo in loro, anche nella popolazione, negli operatori: c’è il timore che usare certi farmaci sia molto peggio che sopportare il dolore. E invece bisogna imparare ad usare i farmaci che tolgono il dolore, perché il dolore è una malattia: ti cambia, ti fa star male e ti rende meno accettabili anche alcuni tipi di terapie che fai, come nel nostro caso nell’oncologia o in altre cose. Ed è un danno alla dignità umana, io credo.

D. – Voi parlate di “dolore inutile”: che cosa significa?

R. – L’unica utilità che ha il dolore è quella di essere in molti casi un campanello d’allarme di qualcosa che non va. Ma quando hai capito che c’è qualcosa che non va, e ne hai scoperto la causa, mentre cerchi di curarla – non sempre si riesce, ma spesso si può – è inutile mantenere il dolore; e se non riesci a curare la causa, almeno eviti il dolore. Per esempio in oncologia, io vedo troppe persone che soffrono, che hanno dolore e sofferenze importanti, che sono curati con terapie assolutamente inadeguate, date senza nessun particolare interesse per il paziente: curare il dolore è l’atto medico che richiede la maggiore attenzione alla persona.

Principale sostenitore della legge 38 è stato il prof. Guido Fanelli ordinario di Anestesia e rianimazione dell’Ospedale di Parma. Ma che cosa prevede esattamente questa normativa? Ancora il prof. Aglietta:

R. – In sintesi mette a disposizione dei medici italiani praticamente tutti i farmaci contro il dolore; facilita molto l’accesso agli oppiacei. La legge c’è, usiamola.

Ma oggi la medicina dispone di farmaci efficaci per tutti i tipi di dolore? Praticamente sì, è la risposta del prof. Aglietta. Uno dei motivi di diffidenza da parte dell’opinione pubblica nei confronti degli oppiacei, dei medicinali a base di oppiacei, è che il loro uso possa creare una dipendenza. Un timore giustificato?

R. – No, se gli oppiacei si usano per il dolore, non si crea una dipendenza perché questi servono per combattere il dolore. E quindi, nel momento in cui la causa del dolore scompare, con una sospensione graduale del farmaco non c’è la dipendenza psichica, che è quella che è fondamentale per mantenere la dipendenza. Quindi il paziente ritorna tranquillamente alla sua vita.

E’ un vero impegno perché l’accesso per tutti alla cura del dolore divenga una priorità, quello che i medici e gli operatori sanitari si prendono aderendo al decalogo presentato oggi: sentiamo il prof. Antonio Corcione, direttore Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Monaldi di Napoli:

R. – Spesso capita che i pazienti che soffrono non abbiano la giusta attenzione. Ecco, noi invece vogliamo dedicare al paziente la giusta attenzione, e quindi curare il dolore subito. Abbiamo la possibilità di farlo e soprattutto di evitare tutti i problemi quando un dolore acuto può trasformarsi in un dolore cronico.

D. – È un impegno che, secondo voi, ha ancora bisogno di essere sottolineato, anche presso la vostra categoria?

R. – Purtroppo deve essere sottolineato, perché è un problema culturale quello che va affrontato, e in maniera unitaria. Quindi, non è possibile con un piccolo gruppo di persone, ma c’è bisogno di un esercito forte. E più persone siamo più riusciremo a sconfiggere questo problema, che purtroppo è ancora fortemente presente in tutto il mondo.

D. – Anche se la normativa in Italia è sufficiente…

R. – Italia è l’unico Paese in Europa che ha una normativa su questo. Eppure, non si riesce a portare a termine un risultato, perché – ripeto – è un problema culturale.

D. – Quindi il dolore viene spesso sottovalutato, soprattutto quando è un anziano che si lamenta…

R. – Sì, è un dolore che viene sottovalutato e che soprattutto non viene affrontato subito. Noi abbiamo le armi per poter far fronte a questo problema e l’obbligo di affrontarlo immediatamente.








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