2016-04-24 10:30:00

Mons. Carlo Chenis: una vita dedicata all'arte, via che porta a Dio


Un uomo di grande cultura a servizio della Bellezza, via per giungere a Dio. Molti ricordano così mons. Carlo Chenis, vescovo salesiano, già segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Fin dagli anni del sacerdozio dimostrò spiccata sensibilità estetica e artistica. Al presule, morto nel 2010 a soli 55 anni, è dedicato il libro “L’autenticità dell’opera. La filosofia di Carlo Chenis", edito da Landolfi e scritto dal pittore Rodolfo Papa, docente di estetica all’Urbaniana. Nei giorni scorsi, presso l’Ateneo Pontificio, la presentazione del volume. All’autore, Paolo Ondarza ha chiesto il perché di un testo su mons. Chenis?

R. – Innanzitutto, perché è stata una figura importante degli anni ’90 e dell’inizio del 2000; in secondo luogo perché ha dedicato tutta la sua vita all’arte e all’estetica; e da ultimo per un fatto personale, perché eravamo amici. Ricordo pomeriggi o mattinate passate proprio alla Radio Vaticana, nell’anno del Giubileo, a parlare d’arte insieme in alcune trasmissioni che in quell’anno venivano dedicate molto intensamente al tema.

D. – Che cos’era la bellezza per Carlo Chenis?

R. – È legare l’opera d’arte al Creatore. Si parla di una bellezza oggi che, per certi versi, dice delle cose interessanti ma riduttive, perché viene ridotta semplicemente alla bellezza dell’oggetto di consumo. Ma è chiaro che la bellezza di cui si parla nell’arte e nella nostra tradizione cristiana è qualcosa di più: è la bellezza della creatura dove si specchia la bellezza del Creatore e ci rimanda a quella perfezione che è l’impronta del Creatore.

D. – Si inserisce all’interno di questa riflessione l’opzione per il figurativo, che Chenis sembra privilegiare, a dispetto di un dibattito contemporaneo molto incentrato sull’astratto…

R. – Sì, Carlo Chenis era apertissimo a qualunque esperienza artistica, perché era vicino agli artisti. Però – ovviamente – metteva al centro quello che il Magistero dice costantemente, che l’opzione figurativa è la prima opzione, fondativa, quella che è legata di per sé all’Incarnazione, morte e Risurrezione di Cristo: cioè è la manifestazione di Dio. E quindi il volto di Cristo è il luogo originario dell’arte, dell’arte cristiana.

D. – Stiamo parlando di un testo di estetica, di filosofia, indirizzato prevalentemente a persone e studiosi che si occupano della materia, ma non per questo scisso dalla quotidianità: che cosa la proposta di Chenis viene a dire all’uomo e alla donna di oggi?

R. – Io scrivo testi di storia dell’arte, come di filosofia dell’arte, ma sempre con l’attenzione a non scrivere in un linguaggio “filosofese”; quindi è leggibile: non è divulgativo, ma è comunicativo, questo sicuramente sì. Per quanto riguarda poi l’importanza di questi temi nella vita quotidiana, io direi che è fondamentale, perché la nostra è una generazione cresciuta con l’appello del ’99 fatto da San Giovanni Paolo II agli artisti, nel cuore del quale riecheggiava quella frase, mutuata dalla riflessione contenuta nell’Idiota di Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. Da quel momento in poi abbiamo visto dilagare questo termine in tutta la contemporaneità e ormai è diventato un tema che è presente addirittura in molte pubblicità. È chiaro che però dobbiamo cercare di capirne il senso. La bellezza è profondamente legata al bene, al bene comune, al buono. Quindi, nella vita quotidiana la bellezza è sia punto di partenza che di arrivo, perché in qualche modo è sempre costantemente manifestazione della presenza della gloria di Dio. Il compito delle opere d’arte è quello di portare le menti degli uomini a Dio.








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