2016-04-28 13:52:00

Sicurezza sul lavoro, Inail: a marzo 61 vittime di incidenti


La presunta tregua sulle morti bianche è durata solo due mesi. A marzo si è registrato un nuovo aumento di incidenti mortali sul posto di lavoro: 61 vittime a fronte delle 56 censite nello stesso mese del 2015. Annus horribilis che ha visto un'impennata del numero di vittime del lavoro: 1.172 incidenti mortali denunciati. Su questi dati riportati oggi dall’Inail, si interrogheranno istituzioni, associazioni e cittadini in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Questa mattina è partito da Monfalcone il “Giro d’Italia in carrozzina”, organizzato dall’Anmil (Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Di prevenzione contro gli infortuni sul posto di lavoro, Daniele Gargagliano ne ha parlato con Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, che ha lanciato una raccolta firme per chiedere più iniziative nelle scuole e tra la gente con l'obiettivo di far conoscere sempre di più i possibili rischi di incidenti sul lavoro.

R. – In questa Giornata dobbiamo ricordare, sensibilizzare che - purtroppo - il tema degli infortuni sul lavoro delle malattie professionali e delle morti non si ferma mai; bisogna parlare di questo a tutti, alla gente comune, ai ragazzi nelle scuole, a coloro che vivono nel mondo del lavoro o lo vivranno.

D. - Il 2015 è stato un anno tragico con 1.172 incidenti fatali per i lavoratori. L’Italia ancora soffre questa piaga …

R. - La soffriamo, se lei a questo aggiunge le 1.400 persone morte sul lavoro a causa delle malattie professionali nel 2015, si arriva ad oltre 2.500 persone. Bisogna riflettere su questo. C’è da lavorare di più, c’è da far rispettare le norme e da far capire ai lavoratori e alle imprese che non si può andare avanti così, che non è possibile che le famiglie si trovino davanti ad una tragedia dalla mattina alla sera.

D. - Nell’edilizia continuano ad aumentare i casi di vittime del lavoro tra gli over 60. Sono persone che si recano al cantiere per poter arrivare alla pensione. Cosa possono fare le istituzioni per agevolare l’uscita verso un lavoro più leggero?

R. - È un tema ovviamente molto delicato. Secondo me, bisogna agevolare l’uscita di queste persone perché diventa difficile – lei ha detto ultrasessantenni, ma lavorano anche nell’agricoltura – e per far si che non succeda, ma soprattutto per dare spazio ai giovani. Se c’è la volontà, si tolgono sprechi da altri parti e si cerca di agevolare questa immissione di risorse attuando una politica di aiuto verso chi raggiunge una determinata età. Lei pensi a lavorare su un ponteggio o nelle fabbriche metalmeccaniche a sessant’anni. È difficile. Lavorare in un’azienda da impiegato è totalmente diverso.

D. - Il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro è lo stress. I lavoratori di oggi soffrono sempre di più la pressione dei loro superiori e gli orari prolungati …

R. - Lo stress del lavorare nell’insicurezza di poter lavorare; magari qualcuno in quel momento dimentica la sicurezza sul lavoro. Io sono qui oggi a parlare ai ragazzi nelle scuole e stiamo raccontando le nostre storie di insicurezza dovuta a mancata informazione, a mancata formazione, al lavorare di fretta, al 'bisogna lavorare di più'. Ogni tanto anche noi lavoratori dobbiamo fermarci e capire. Capisco che è difficile dirlo oggi, molte persone devono mandare avanti le famiglie, ma la sicurezza sul lavoro è fondamentale per sé e per le proprie famiglie.

D. - L’Anmil ha lanciato una campagna di raccolta firme per sensibilizzare il mondo della scuola e la società civile sugli infortuni sul lavoro …

R. - Faremo una raccolta firme durante il percorso, nelle sedi dell’Anmil, nelle piazze a sostegno di tre petizioni. La prima: l’applicazione del decreto 81 che prevedeva che la sicurezza sul lavoro venisse portata nelle scuole, che se ne parlasse per far crescere la cultura della sicurezza come stiamo facendo noi oggi. La seconda sostiene chi purtroppo oggi muore sul lavoro e perde la vita e non ha una famiglia a carico o non tiene una famiglia a carico viene liquidato con un assegno funerario di duemila euro! La persona non viene messa al centro; questo è gravissimo. La terza riguarda l’attenzione al tema donne: le donne infortunate, quelle che si ammalano sul lavoro sono madri, mogli, badanti, eppure c’è differenziazione sul risarcimento e poca attenzione quando accade a loro. Queste sono le tre firme che noi raccoglieremo durante la petizione e che al termine del tour – il 17 giugno – porteremo ai presidenti di Camera e Senato.

D. - Ci spiega perché c’è una differenziazione nel risarcimento per le vittime nel mondo femminile sul lavoro?

R. - È dovuto al fatto che le retribuzioni sono minori, ma soprattutto fanno meno ore perché molte hanno una famiglia, lavorano part time. Siamo riusciti a parificare l’indennità quando purtroppo si muore sul lavoro non collegandola al reddito ma al massimale -  l’Inail lo fa - però su altre cose dobbiamo fare di più. Molte donne che abbandonano il posto di lavoro hanno più difficoltà degli uomini. Abbiamo proposto una legge al Parlamento che metta al centro l’attenzione verso la donna infortunata o che si è fatta male sul lavoro e alle vedove.








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