2016-05-01 14:14:00

Dispersione scolastica: manca ancora una politica di contrasto


In Italia uno studente su tre abbandona la scuola superiore senza completare i cinque anni. La maglia nera spetta alle scuole di Napoli e Palermo. In Sicilia, Sardegna e Campania il dato sulla dispersione scolastica arriva sino al 60 per cento, mentre al Nord si attesta mediamente sotto il 30. Dati sconfortanti che da anni vengono pubblicati dal ministero dell’Istruzione a cui non si riesce ancora a fare argine. La dispersione scolastica torna di attualità anche alla luce del fenomeno jihadismo in Europa, per cui molti giovani delle periferie del Vecchio Continente subiscono il richiamo del terrorismo islamico. Di questi temi si è parlato al convegno delle presidenze diocesane organizzato a Roma dall’Azione Cattolica italiana. Daniele Gargagliano ha raccolto a margine dell’incontro la testimonianza di Cesare Moreno, presidente della Onlus "Maestri di Strada", che da anni si batte nei quartieri popolari di Napoli per il recupero dei ragazzi e il contrasto alla dispersione scolastica:

R. – Molti di quelli che vanno a scuola in realtà sono dispersi: vanno a scuola perché ormai ci devono andare, ma per loro la scuola non serve a niente, quando non è addirittura dannosa. La dispersione è destinata ad aumentare e infatti la novità interessante, rispetto a dieci anni fa, è che mentre prima avevamo la maglia nera della dispersione scolastica, in una situazione in cui sembrava che i ceti medi, le città del Nord, non avessero il problema, adesso siamo in buona compagnia. Ci sono fenomeni di dispersione, infatti, tra i ricchi; ci sono fenomeni di dispersione nelle zone alte della società; e, soprattutto, quello "stato di guerra" permanente che caratterizza i quartieri sottoproletari di Napoli, Palermo, Bari e così via, adesso coinvolge l’intera Europa: Bruxelles, Parigi… Lo "stato di guerra", quindi, di tutti contro tutti è andato avanti. Può darsi, dunque, che adesso a parlare di educazione in modo serio saremo forse più persone e non soltanto gli specialisti della dispersione.

D. – Gli episodi di cronaca - se vogliamo anche il rischio terrorismo negli altri Paesi - possono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, ma soprattutto delle istituzioni. Il Comune di Napoli di recente ha pubblicato uno studio per cui la dispersione scolastica è in aumento all’interno del territorio napoletano. Ma qual è ancora la distanza che rimane fra le istituzioni e il problema, il fenomeno della dispersione scolastica?

R. – Non c’è alcuna distanza: lo ignorano. Le politiche quotidiane, cioè, ignorano completamente il fenomeno, che viene trattato una volta ogni tre anni in un convegno o in un incontro. Non c’è una politica seria. A Palermo, che io sappia, esistono ancora gli osservatori d’area sulla dispersione scolastica. A Napoli sono stati aboliti 20 anni fa e non sono stati più ricostituiti. C’è un arrembaggio delle singole scuole dei quartieri, dei volontari e così via, nel dire: “Date le risorse a me, perché io affronto il problema”. E’ una cosa ridicola e vergognosa. La verità è che non esiste una politica sulla dispersione scolastica e parlare di dispersione scolastica, quindi, ormai fa ridere. E’ in corso un suicidio.

D. – Ma qual è allora la speranza?

R. – La speranza è che, parlando chiaro e facendo vedere che è possibile fare le cose con una spesa ridicola, rispetto agli sprechi che vengono fatti, noi riusciamo ad ottenere dei risultati. Questi risultati si basano non sui soldi o chissà che cosa, ma sul fatto che noi guardiamo i ragazzi negli occhi. Basta, infatti, guardare i ragazzi negli occhi, perché ti vengano dietro. Il fatto è che i giovani, almeno quelli che conosciamo noi, ma anche molti giovani di buona famiglia, per anni non vengono guardati da nessuno: non li guardano i genitori, non li guardano gli insegnanti, non li guardano gli educatori. Tutti fanno cose per loro e su di loro, nessuno fa le cose con loro.








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