2016-05-03 15:24:00

Corridoi umanitari: a Roma altri cento profughi dalla Siria


E’ arrivato stamattina, all’aeroporto romano di Fiumicino, il secondo gruppo di profughi, 101, provenienti dai campi rifugiati del Libano, giunti in Italia grazie ai corridoi umanitari organizzati da governo italiano, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Comunità di Sant'Egidio e Tavola Valdese. Si tratta soprattutto di siriani, in particolare tra loro nuclei familiari di cristiani, che provengono dalle città più martoriate della Siria. Quattro gli iracheni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Daniela Pompei, responsabile dei servizi immigrazione della Comunità di Sant’Egidio:

R. – La gran parte di queste persone sono siriane: un buon gruppo viene da Aleppo, una parte, il gruppo dei cristiani, viene da Hassaké, sono armeno-cattolici e assiri. I cristiani, in particolare, sono famiglie intere che sono venute via, quindi sono presenti anche molti anziani, oltre ad adulti e bambini. La particolarità di questo secondo gruppo è la presenza di diverse situazioni di vulnerabilità: bambini malati, con disabilità, bambini che hanno necessità di interventi. C’è un bambino di 40 giorni che deve essere operato urgentemente.

D. – Sono i gruppi con le maggiori vulnerabilità che usufruiscono di questi corridoi umanitari. Anche in questo caso ci sono situazioni di grave disagio e di malattia…

R. – Sì, esatto. E poi ci sono donne sole con bambini. Questa è l’altra vulnerabilità che abbiamo individuato in questo gruppo. Ci sono almeno cinque nuclei familiari, solo di donne con bambini, e poi una famiglia irachena in cui il papà è solo con i figli – con una figlia seriamente malata – la cui moglie è morta in Libano.

D. – Che cosa ne sarà di queste persone?

R. – Innanzitutto, tutti quanti questa mattina, quando sono arrivati in aeroporto a Fiumicino, hanno fatto i controlli soliti che si fanno a persone provenienti da altri Paesi, quindi hanno fatto la foto segnalazione e hanno depositato la domanda di asilo, che continuerà però nei luoghi, nelle questure, dove loro andranno a vivere. Un buon nucleo andrà a Torino, ospite della Diaconia Valdese, una famiglia andrà a Novara, ospite della Comunità di Sant’Egidio, un altro nucleo, di una ventina di persone, andrà a Milano. Poi, ci sono varie famiglie, ospitate anche singolarmente, in parrocchie, per esempio, in una parrocchia di Terni e in una parrocchia di Frosinone. Alcune famiglie saranno poi ospitate a Roma, alcune singole persone nella Comunità di Sant’Egidio e altre in istituti religiosi. Addirittura, c’è una famiglia con un figlio in cui la mamma è senza un braccio e il papà ha una poliomielite gravissima, che sarà ospitata da una cooperativa cattolica che si occupa di disabili. Un altro nucleo di una decine di profughi sarà ospitato da una fondazione cattolica di Potenza. Sono venuti a prenderseli contentissimi. I responsabili di questa associazione ci avevano cercato qualche tempo fa, dicendoci di non dormire la notte, vedendo in televisione le immagini dei bambini che muoiono in mare e di volere fare qualcosa. E’ anche un po’ una risposta che hanno voluto dare all’appello del Papa. Adesso, tutti inizieranno corsi di lingua italiana, concluderanno le loro pratiche per la richiesta d’asilo, si iscriveranno al Servizio sanitario nazionale e faranno tutti i loro percorsi.

D. – Ricordiamo anche che queste sono persone che arrivano dai campi profughi del Libano, fuggiti dalle guerre e dai bombardamenti e in più anche da situazioni di difficile convivenza nei campi profughi…

R. – Assolutamente. Vivevano in condizioni di estrema precarietà in Libano, che da solo accoglie un milione e duecentomila profughi siriani, che vivono in campi in alcuni casi autorizzati, ma che in gran parte non lo sono, o che vivono in appartamenti terribili, in situazioni di estrema precarietà. Alcune di queste persone, come dicevo prima, vengono da Aleppo e stamattina erano disperate per la situazione laggiù. Sono molto, molto preoccupati. In realtà, i siriani sperano molto nella pace e nella tregua, perché sono persone che non naturalmente vogliono emigrare, non hanno desiderio di emigrazione e lo fanno veramente perché costretti. Se la guerra finisse, credo che alcuni tornerebbero pure nel loro Paese.

D. – Ovviamente, i corridoi umanitari continueranno…

R. – Assolutamente! Noi siamo all’inizio, questo è il secondo viaggio e alla fine di maggio ci sarà già il terzo, con un nucleo che viene dal Libano di circa 60 persone, che sono state già individuate. Siamo in attesa del completamento di tutta la procedura. Tra l’altro, un aspetto molto positivo di questa progettazione dei corridoi umanitari è che garantisce l’arrivo in sicurezza per i profughi e, secondo, garantisce la sicurezza ai cittadini europei. Queste persone, infatti, sono molto controllate prima del rilascio del visto dalle nostre ambasciate, nei vari Paesi dove si attua il progetto, e sono controllate anche dalle autorità libanesi che, alla fine, dopo il rilascio del visto italiano, devono autorizzare l’uscita e fare un’ulteriore verifica. E’ quindi essenzialmente un progetto che garantisce la salvezza ai profughi, l’arrivo in sicurezza, ma garantisce sicurezza ai cittadini europei.  

Per un gruppo che, fortunatamente, arriva in sicurezza, a migliaia però continuano a rischiare e ad affidarsi ai trafficanti per arrivare sulle coste europee. Tra loro, molti minori non accompagnati. Sono di ieri i dati di Eurostat che dichiara 90 mila i minori giunti in Europa nel 2015, dei quali il 13% non arriva ai 14 anni. In Italia, nei primi mesi di quest’anno gli arrivi di questi ragazzini sono stati 2.600, nello stesso periodo dell’anno scorso erano 600. Francesca Sabatinelli ha intervistato Giovanna Di Benedetto, portavoce di "Save The Children":

R. – Questi ragazzi hanno un vissuto di grande sofferenza e di grande dolore. Ciò che li spinge a partire o è la situazione di dittatura, come spesso ci dicono per esempio per ora i ragazzi del Gambia o dell’Eritrea, in cui non c’è libertà e loro non hanno alcuna possibilità, oppure la privazione economica che li spinge ad andare via perché non vedono alcun domani. Altri, invece, vanno via perché non hanno più nessuno al mondo, e cercano una vita e un futuro migliore. Troviamo un po’ di tutto ma, sicuramente, c’è un grande vissuto di sofferenza che spinge questi ragazzi ad abbandonare il loro Paese. Poi, come tutti noi purtroppo sappiamo fin troppo bene, il viaggio è pericolosissimo: questi ragazzini vedono e subiscono ogni tipo di violenza, vedono morire persone care durante il tragitto e durante il periodo di permanenza in Libia e poi c’è la terribile traversata del Mediterraneo, che continua a essere una delle rotte assolutamente più pericolose. Le persone che sono arrivate con gli ultimi sbarchi ci hanno raccontato che tanta, ma proprio tanta gente non ce l’aveva fatta, era caduta in mare. Quindi, ci sono stati diversi naufragi.

D. – Che cosa chiede “Save the Children”?

R. – Noi chiediamo che la protezione dei minori sia al centro di ogni risposta europea alla crisi dei rifugiati. Le domande d’asilo devono essere valutate in base agli standard internazionali, le persone devono essere accolte in modo dignitoso, in centri di ricezione adeguati, le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare devono concentrarsi sul salvare vite umane e non certo sul respingere le persone.

D. – Attualmente, in Italia che tipo di accoglienza c’è per questi minori?

R. – Sicuramente, sono stati fatti diversi passi avanti rispetto all’anno scorso. Per esempio, sono state individuate delle strutture di prima accoglienza ad alta specializzazione dedicate ai minori. Quello che noi chiediamo è che ci sia un ampliamento della rete di accoglienza, un adeguamento qualitativo di tutte le strutture dedicate ai minori, la definizione anche di una procedura uniforme per accertare la minore età dei migranti in arrivo, la velocizzazione della nomina di un tutore per ogni minore solo e la promozione dell’affido familiare. Quest’ultima è una misura importante perché consente ai minori di crescere, seppur, è chiaro, temporaneamente, in un ambiente familiare, considerato che si tratta di ragazzi che sono stati costretti a lasciare la famiglia, per chi di loro ce l’ha: quindi sono da soli e hanno bisogno di un ambiente familiare dove poter vedere rispettate le proprie esigenze e i propri diritti di bambini.








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