2016-05-04 16:34:00

Aleppo, francescano: "Non si può continuare così. L'inferno"


"Di continuo cadono missili. Sulle case, le scuole, gli ospedali. Si è scatenato l’inferno. Siamo nel terrore giorno e notte. Assistiamo tanti mutilati. Vediamo gli edifici crollati. Tanti morti e feriti. Tanta sofferenza. Domenica scorsa, mentre aprivamo il mese mariano con la messa vespertina, c’erano tantissimi bombardamenti. Abbiamo dovuto chiudere la porta principale. La gente alla fine della celebrazione è dovuta uscire dai lati del convento. Lo stesso è successo nell’altra nostra residenza, nel quartiere di Ram, colpita per la quinta volta. Un missile è caduto sul muro della chiesa. Spaventati, si sono rifugiati tutti nel sotterraneo e là hanno sostato un paio d'ore prima di tornare alle case. Episodi come questo si ripetono da giorni. Non c’è tregua. Solo terrore. La gente è rinchiusa in casa ma non è al sicuro. La città è bloccata. Non c’è più lavoro. Diverse persone non riescono neppure più a respirare in modo normale. Abbiamo avuto tanti collassi di origine nervosa, problemi psicologici per la paura. Ieri è stato il culmine con l’abbattimento di un altro ospedale". La testimonianza drammatica del siriano P. Ibrahim Alsabbagh, responsabile della Comunità cristiano-latina di Aleppo, raggiunto telefonicamente al Convento di Francescani in Aleppo, dove è Guardiano e Superiore.

Dopo il vertice di Ginevra ancora più caos

"E' capitato che anche all’università tutti gli studenti sono rimasti chiusi nei seminterrati per più di tre ore", continua a raccontare il religioso. "E’ che non sappiamo fino a quando accadrà questo e il perché. E’ molto molto triste. Non si vede una via di uscita. Senza acqua, senza luce, senza lavoro dopo cinque anni di guerra. Ora l’inferno. Noi continuiamo a pregare intensamente ma viviamo imprigionati. Nonostante tutta la mia buona volontà di andare a visitare le famiglie che ancora abitano nelle case danneggiate, non sono potuto uscire. Sono tre giorni che sentiamo tanto dolore e lacrime al telefono". 

Catastrofe umanitaria

"Rifiutiamo tutti i modi di abbattere i civili. Il problema essenziale è l’avidità per il potere, la vanagloria. Bisogna muoverci subito. Se continua così siamo davanti a una catastrofe umanitaria. Non si può più vivere qua. Non si può continuare così". Chi resta? "Un quarto di coloro che erano rimasti sono scappati negli ultimi giorni prendendo la via di Lattakiah, in zone un po’ meno bombardate. Non abbiamo cifre precise. Rimangono gli anziani malato, le famiglie numerose che non hanno risparmi, i poveri. Ci sono anche mafie locali che pescano nella palude, che approfittano del caos". Un appello: "Io dico basta! Basta fare guerre sui terreni altrui. Vogliamo vivere in pace. Che non rubino all’uomo e alle famiglie la dignità. Come cristiani chiediamo preghiere, specialmente durante le sante messe domenicali".








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