2016-05-05 14:50:00

El Hassan bin Talal: il dialogo si nutre di valori alti


Dialogo interreligioso e questione dei rifugiati. Sono stati alcuni dei temi al centro ieri dell’incontro di Papa Francesco con i partecipanti al Colloquio, promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, con il “Royal Institute for Interfaith Studies” di Amman. Sull’importanza del dialogo interreligioso Tracey McClure ha intervistato il principe giordano El Hassan bin Talal:

R. - I believe that rising to the higher values referred to by His Holiness Pope Francis on Wednesday …
Credo che l’innalzarsi verso quei valori più alti ai quali ha fatto riferimento Papa Francesco nel nostro incontro, è esattamente la mia aspettativa per quanto riguarda questo dialogo. Occorre innalzarsi a valori costruttivi. Si deve ricostruire – fisicamente e psicologicamente – la nostra “forma mentis” nei riguardi del problema che riguarda la territorialità, l’identità e la migrazione a livello mondiale. Questa è – secondo me – la sfida che dobbiamo affrontare: pensare alla dignità umana senza discriminazioni e senza isolamenti. Spogliare le persone della loro nazionalità non migliorerà la possibilità di perdere grandi numeri di giovani che si uniscono a gruppi radicali, solo perché hanno la sensazione di non avere altre scelte o perché si rendono conto che le opportunità sono limitate. Mi sembra che questo dialogo – e nel 2014, ad Amman, abbiamo annunciato un Decalogo – stia raggiungendo alcuni degli obiettivi che si era preposto. Tra questi, c’è il lavoro pratico svolto dal servizio di monitoraggio da parte degli accademici, che studiano la visione araba, cristiana e musulmana di fronte al mondo nel quale viviamo e, parallelamente, chiedono alle persone che hanno il compito di analizzare le preoccupazioni europee o occidentali: come possiamo incontrarci a metà strada, guardando alla libertà nel contesto di un buon vicinato da un lato, e la politica eurasiatica dall’altro?

D. – E’ interessante pensare che lei abbia la sensazione che iniziative di questo genere siano necessarie proprio in Giordania, dove pure – nell’insieme – c’è un buon senso della comune cittadinanza, in un Paese a maggioranza musulmana nel quale cristianesimo e alte religioni sono una minoranza. E’ stato fatto abbastanza, nella sua regione, per rafforzare il senso di cittadinanza?

R. – The question of citizenship is a question of pluralism, a question of recognizing the identity of …
La questione della cittadinanza è una questione di pluralismo, di riconoscimento dell’identità dell’altro sulla base del rispetto. La questione dell’identità è una questione di riconoscere l’altro, riconoscere che la popolazione cristiana sta diminuendo, nell’insieme della regione. E questo è allarmante. Penso che dovremo sviluppare un dialogo nel quale riconosciamo l’identità dell’altro sulla base del rispetto e allo stesso tempo riconosciamo quanto abbiamo in comune in questa regione, non ultimo nell’ambito dell’istruzione dei giovani.

D. – Avete parlato dell’enorme fenomeno migratorio che è in corso nella sua regione; con la guerra in corso in Siria, avete avuto un afflusso enorme di rifugiati. Ma la Giordania, può farcela da sola? La comunità internazionale sta facendo la sua parte?

R. – To be proactive, I think that the regional Bank for reconstruction and development should be …
Per essere propositivi, penso che dovrebbe essere istituita una Banca regionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Non riesco a capire perché la nostra regione è l’unica del mondo in cui non esiste una Banca regionale, perché dobbiamo rispondere alle iniziative prese da altri al di fuori della nostra regione. Penso che si debbano abilitare i musulmani arabi a fare cose responsabili attraverso la creazione di un fondo internazionale. Il vertice umanitario di Istanbul ha affrontato questo aspetto nel dettaglio … Credo che arriverà il momento in cui riconosceremo i rifugiati per quello che sono realmente: vittime piuttosto che perpetratori di violenza. Credo che sarebbe troppo chiedere ai Paesi più poveri della regione, in particolare ai Paesi che non sono produttori di petrolio, pagare il conto maggiore delle follie di altri …








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