2016-05-05 13:26:00

Lorenzin: 194 non è diritto all'aborto. Plaude "Scienza e Vita"


La legge 194 non ha sancito il diritto all’aborto, ma è finalizzata a riconoscere il valore sociale della maternità, la tutela della vita e disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza come estrema possibilità. Così ieri il ministro Lorenzin che nella sua informativa alla Camera ha chiarito: il numero dei medici obiettori  in Italia è congruo e il richiamo europeo a Roma, contrariamente a quanto riportato dalla stampa, non è definitivo. Soddisfatta la presidente dell’Associazione Scienza e Vita Paola Ricci Sindoni. Paolo Ondarza l’ha intervistata:

R. – Il modello culturale imperante è stato quello di considerare la 194, in maniera del tutto privatistica e soggettiva, come una legge sul diritto ad abortire invece, essa ha una forte declinazione sociale. La maternità non è soltanto un fatto individuale, ma ha una forte ricaduta anche sul piano della società civile.

D. – Perché, secondo lei, la si intende spesso come una legge sul diritto ad abortire piuttosto che una legge che riconosce il valore della maternità e della vita?

R. – Perché è stata subito etichettata come espressione dei cattolici per la battaglia referendaria che è stata fatta, ma soprattutto perché veniva colta nei suoi elementi, anche valoriali, come una battaglia di retroguardia. Si avvertiva, dunque, la necessità di porre in luce quelli che venivano considerati i diritti inalienabili della donna.

D. – E ieri dal ministro Lorenzin è arrivato un dato significativo: il numero di medici non obiettori in Italia risulta congruo. In nessun modo, dunque, l’obiezione di coscienza va a penalizzare i medici non obiettori e le donne che vogliono accedere all’interruzione volontaria di gravidanza…

R. – Siamo contenti. Il ministro ha fatto bene a riportare i dati, perché i dati sono oggettivi: con i dati non si può fare nessuna interpretazione ideologica. Ancora una volta ripropongono la verità su questa battaglia che, troppo spesso, è stata combattuta con le armi ideologiche e non con la serietà dei dati obiettivi. Credo che sia giusto continuare ad enfatizzare queste dichiarazioni del ministro, perché riportano le questioni che non sono soltanto questioni astratte o semplicemente in mano a gruppi cosiddetti cattolici conservatori, ma esprimono un esame che noi condividiamo, perché favorisce un dibattito che deve continuare ad essere aperto senza pregiudizi di sorta, né da una parte né dall’altra.

D. – Il rischio ideologico è tuttora molto vivo all’interno del dibattito politico?

R. – Certo, perché si pongono in opera anche delle motivazioni che disorientano l’opinione pubblica. Faccio un esempio: la questione delle possibili malattie del feto oppure del tanto discusso paradigma della salute della donna, non soltanto fisica ma psicologica. E così via... queste motivazioni sembrano non tener conto della complessità della questione, ma fanno leva sulla sensibilità dell’opinione pubblica, privando la realtà della verità.  








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