2016-05-05 13:35:00

Migranti, Renzi e Merkel: no ai muri, si rispetti la dignità


Massima convergenza sul capitolo migranti fra il premier Renzi e la cancelliera tedesca, Merkel, oggi a Palazzo Chigi a Roma. Entrambi hanno ribadito la necessità di un approccio alla crisi dei profughi carico di valori umani e di rispetto della dignità della persona. Sullo sfondo lo scontro con l’Austria, di cui il premier italiano giudica le posizioni di chiusura come sbagliate, anacronistiche e non giustificate da alcuna reale emergenza. Paola Simonetti: 

La scommessa europea sulla questione migratoria è affare di tutti ed è dovere comune che funzioni. In gioco c’è lo stesso futuro dell’Europa. Questi i valori sui quali si sono trovati pienamente d’accordo il premier Renzi e la cancelliera tedesca Merkel, a palazzo Chigi, a Roma nell’ambito dell’incontro sulle molte sfide dell’Unione europea. La crisi dei rifugiati è stata al primo posto del folto ordine del giorno, sulla quale la Merkel, nettamente, ha ribadito che occorre difendere il trattato di Schengen "altrimenti si rischia di ricadere nei nazionalismi". "Bisogna risolvere i problemi in modo diverso dalla chiusura dei confini”, ha aggiunto la cancelliera, sottolineando che si deve rispettare la dignità delle persone e occorre ripartirne gli oneri. Di spicco nella loro posizione il dissenso all’atteggiamento di duro sbarramento dell’Austria verso i flussi migratori, che Renzi giudica fuori dalla storia, e non giustificato da alcuna emergenza. Sollecitato dalla stampa, il premier italiano ha risposto alla provocazione del leader dell’estrema destra austriaca, Strache, che ha giudicato i Paesi morbidi con i migranti “scafisti di Stato”:  “Una  definizione vergognosa – ha concluso Renzi- soprattutto per coloro che ogni giorno assistono alla tragedia di bimbi morti nelle stive delle navi della disperazione”. 

Intanto continuano le discussioni sulla doppia decisione presa in tema di frontiere e di rifugiati dalla Commissione Europea. Da una parte, col via libera all’estensione dei controlli temporanei alle frontiere per i cinque Paesi europei che ne hanno fatto richiesta, dall’altra con la proposta di riforma del sistema di Dublino, che introdurrebbe nuovi meccanismi di ridistribuzione dei richiedenti asilo tra gli altri Stati membri dell’Ue, in caso di superamento della capacità di accoglienza del singolo Paese d’ingresso. Su questi temi si è espresso al microfono di Daniele Gargagliano il portavoce del Consiglio italiano per i rifugiati Christopher Hein:

R. – E’ una decisione praticamente incomprensibile, perché si sa che questo non ha alcun effetto sul movimento dei rifugiati e dei migranti che dopo aver percorso – molti di loro – 3.000 km, attraversando il deserto del Sahara e rischiando la vita nel Mediterraneo, non si lasciano certamente scoraggiare da qualche poliziotto di frontiera ai confini interni dell’Unione! Quindi, alimenterà ancora di più il fenomeno del traffico di persone anche all’interno del nostro continente, rendendo i viaggi più costosi e più rischiosi. Ma l’altro effetto che ci preoccupa molto è un segnale proprio “contro” l’Europa: perché Schengen, proprio con l’apertura delle frontiere, la libertà di movimento e di viaggio, è stato per la gioventù in Europa il simbolo più tangibile di questa Unione.

D. – In previsione, concedere la sospensione può delegittimare il ruolo delle istituzioni europee, ma soprattutto il rispetto del Trattato di Schengen?

R. – Sì, se si incomincia come adesso con la sospensione addirittura a tutto campo per sei mesi, quindi proprio durante il periodo estivo, e mentre il Parlamento europeo da anni insiste sulla libertà di circolazione, su “più Europa”, è proprio uno schiaffo all’idea di una maggiore coerenza e di una maggiore solidarietà anche all’interno dell’Europa e dà invece il segnale di un ritiro a un piccolo Stato nazionale.

D. – In quale direzione va la proposta di riforma del Trattato di Dublino, presentata ieri dalla Commissione europea?

R. – Purtroppo, questa proposta non cambia sostanzialmente niente; quindi continua a essere penalizzato un Paese in prima linea come l’Italia o anche la Grecia.

D. – Non porterà effetti significativi nella risoluzione della crisi umanitaria?

R. – No, anzi: cementa una situazione che da anni era già evidentemente fallita, cioè questo approccio secondo il quale la persona deve arrivare nel primo Paese di approdo in Europa dove molto spesso è arrivato unicamente a causa della situazione geografica.

D. – Il cosiddetto “muro del Brennero” rischia di aprire un altro fronte di emergenza nella gestione dei flussi migratori in Italia?

R. – L’abbiamo visto già negli anni Novanta, quando i profughi dei Balcani, della ex-Jugoslavia, che volevano andare più a Nord, in Europa, dove c’era la barriera del Brennero sono passati lo stesso. Non penso che aumenterà di per sé la pressione sull’Italia, ma aumenterà sicuramente il rischio per le persone. E poi, il Brennero è un simbolo di tutto il coordinamento tra il Nord e il Sud d’Europa e dell’Unione stessa.








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