Sulla vicenda di padre Tom Uzhunnalil, il salesiano sequestrato da un commando estremista ai primi di marzo, è importante “tenere viva l’attenzione” e “mantenere aperto il canale comunicativo”, senza per questo esercitare “pressioni” o alimentare “false speranze”. È quanto sottolinea all'agenzia AsiaNews padre Francesco Cereda, vicario del Rettor maggiore dei Salesiani, interpellato a due mesi di distanza dall’assalto di un commando del sedicente Stato Islamico (Is) al compound delle Missionarie della Carità di Aden, nel sud dello Yemen. È importante, prosegue il sacerdote, “coltivare la speranza attraverso la preghiera” perché “sappiamo che è ancora vivo” come ha dichiarato nei giorni scorsi mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale.
Finora non vi sono state notizie certe sulla sua sorte
Dal 4 marzo scorso padre Tom Uzhunnalil è nelle mani del gruppo jihadista, con tutta
probabilità legato all'Is, che ha assaltato una Casa di riposo per malati e anziani
delle missionarie della Carità ad Aden. Nell’attacco sono state massacrate quattro
suore di Madre Teresa e altre 12 persone, presenti all’interno della struttura. Finora
non vi sono state notizie certe sulla sorte del 56enne sacerdote nato a Ramapuram,
vicino a Pala (Kottayam, Kerala), da una famiglia di grande fede cattolica. Suo zio
Matteo, morto lo scorso anno e anch’egli salesiano, è stato il fondatore della missione
in Yemen. Padre Tom si trovava nel Paese arabo da quattro anni.
Non far cadere la sua morte nel dimenticatoio
Nei giorni scorsi mons. Hinder ha affermato che padre Tom “è ancora vivo” e ha ipotizzato
un ritorno “imminente” alla libertà, anche se l’ottimismo iniziale si è stemperato
con il trascorrere delle ore e la mancanza di ulteriori sviluppi positivi. Pur a fronte
di una generale incertezza, padre Cereda sottolinea l’importanza della preghiera e
del “mantenere viva” la sua vicenda. “Le ultime notizie sono quelle fornite dal vicario
apostolico, secondo cui padre Tom è ancora in vita” sottolinea il vicario del Rettor
maggiore dei Salesiani, per questo è ancor più importante “non far cadere questa storia
nel dimenticatoio, ma tenere alta l’attenzione nell’opinione pubblica”.
Messe e celebrazioni per la sua liberazione
Al momento non sono previste altre giornate di preghiera, ma la famiglia salesiana
continua a ricordare il sacerdote indiano rapito in Yemen in molte funzioni, Veglie,
Messe. “Ogni giovedì sera - racconta padre Cereda - alla Casa generalizia qui a Roma
celebriamo l’adorazione eucaristica con questa particolare intenzione. Durante un
recente incontro a Malta abbiamo celebrato una Messa per la sua liberazione”.
Fino a quando non vi saranno notizie negative bisogna sperare e pregare
Il lavoro diplomatico, conclude il vicario del Rettor maggiore dei Salesiani, “è affidato
a mons. Hinder. Noi contribuiamo con la preghiera e il ricordo. In questi giorni,
in concomitanza con i due mesi dal sequestro, abbiamo inviato una lettera al fratello
di padre Tom, come segno di vicinanza alla famiglia e di speranza per un suo imminente
rilascio. Fino a quando non vi saranno notizie negative bisogna sperare e pregare”.
(R.P.)
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