2016-05-05 14:00:00

La testimonianza di p. Ibrahim da Aleppo: la città è una prigione


In Siria è entrata in vigore nella notte, dopo un accordo tra Usa e Russia, una fragile tregua ad Aleppo. La città è stata teatro, ieri e nei giorni scorsi, di intensi combattimenti tra ribelli e forze governative che hanno seminato morte, odio e paura. Su questi episodi di terrore Antonella Palermo ha raccolto la drammatica testimonianza di padre Ibrahim Alsabbagh, francescano, responsabile della Comunità cristiano-latina di Aleppo:

R. – Siamo in una grande difficoltà. Abbiamo tanti bombardamenti. Di continuo cadono missili sugli edifici, sulle strade, sulle scuole, sugli ospedali. Dove noi viviamo, nella parte ovest della città, che è controllata dall’esercito regolare, vediamo tutto questo con grande tristezza.  Tutto è iniziato un po’ prima dei colloqui Ginevra e si è intensificato ancora di più dopo i negoziati di Ginevra. Sembra che non si sia arrivati ad un accordo, e allora si è scatenato l’inferno. Viviamo ogni giorno nel terrore. Sono tanti i morti, tanti i feriti, tante le persone mutilate, gli edifici crollati, e tanta la sofferenza.  Specialmente domenica scorsa, quando abbiamo aperto il mese mariano con la Messa vespertina, tantissimi sono stati i bombardamenti, anche attorno alla nostra zona. Erano tutti spaventati. E’ successo lo stesso a Ram, in un’altra zona, sempre ad ovest della città. Mentre stavano pregando, è caduto un missile proprio sul muro del convento e della Chiesa. Le persone, spaventate, si sono rifugiate nel sotterraneo e sono passate almeno due ore prima che tutti siano potuti scappare e tornare nelle case. Sono episodi che si ripetono in continuazione in questi giorni.

D. – Praticamente vivete come imprigionati…

R. – Viviamo come imprigionati. Non c’è tregua, non c’è pace: c’è soltanto il terrore.  La gente rimane nelle case, anche se non è al sicuro. La città è bloccata, non c’è più lavoro. La gente anche se continua ad avere il fiato nei polmoni, non riesce più a respirare in modo normale. Abbiamo avuto tanti collassi di origine nervosa, abbiamo avuto tanti casi con problemi psicologici derivati dalla paura. I bambini e le mamme piangono. Un missile ha abbattuto un ospedale pediatrico e per donne partorienti e all’istante sono morti 17 bambini, di cui il più grande aveva un anno, senza contare poi le donne e gli uomini. Regna il terrore. Non sappiamo il perché di questo terrore, di quello che ci sta succedendo. Come se non bastasse, Aleppo è senz’acqua, senza elettricità, senza lavoro e nella povertà. Dopo tutto quello che è successo in cinque anni di guerra, adesso si è aggiunto l’inferno. Io non sono ancora potuto uscire dal convento, nonostante tutta la mia buona volontà di uscire, per andare a visitare le case danneggiate, per pregare con le famiglie. Per telefono sentiamo tanta sofferenza, vediamo anche tante lacrime negli occhi delle famiglie cristiane. Noi rifiutiamo tutti i modi di uccidere i civili, di colpire sia ospedali, scuole ed anche edifici, per utilizzare una pressione su una parte o sull’altra. Ci sentiamo veramente solidali con ogni persona che viene colpita, quando è innocente e non porta armi.

D. – Chi vuole mettere mano sulla Siria?

R. – Il problema essenziale è l’avidità. L’avidità per le risorse, per il potere.

D. – Una ipotesi di soluzione, dove si potrebbe trovare?

R. – Secondo me, da cristiano, soltanto nel Signore. Abbiamo quasi perso la speranza di riporre la nostra fiducia negli uomini. Noi speriamo soltanto nella forza del Signore, che opera, però, nelle persone che pregano per noi e nelle persone di buona volontà. Bisogna muoverci subito, perché se la situazione continua così, ci troveremo davanti ad una catastrofe umanitaria. Non si può più vivere, non si può più continuare così.

D. – Chi è rimasto?

R. – Non sappiamo perché non abbiamo le cifre esatte. Sicuramente rimane l’anziano, il malato. Rimangono le famiglie numerose che non hanno risparmi, rimangono i bambini, rimane la gente povera.

D. – Ci sono anche mafie locali che approfittano di questa situazione?

R. – Purtroppo, ci sono quelli che sfruttano e che pescano nella palude, come diciamo in arabo. Questo aumenta anche di più la nostra sofferenza.

D. – Un appello?

R. – Io dico basta! Basta veramente con questa avidità. Basta fare guerre. Basta cercare la vanagloria, il potere, il possesso! Vogliamo vivere in pace, come abbiamo vissuto una volta tutti insieme, con le nostre diversità, come popolo.

D. – Grazie per questa testimonianza…

R. – Grazie a tutti voi, che pregate per noi. Chiediamo un’intensa preghiera pure in questi giorni, specialmente la domenica, durante le Sante Messe domenicali. Grazie per tutto quello che fate per noi, per la compassione, per l’interesse che avete per noi, per la nostra vita, per la nostra pace.








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