2016-05-07 12:40:00

Papa ai medici del Cuamm: siete angeli nell'Africa della salute negata


Siate espressioni della Chiesa che si china come una madre a curare i più deboli, specie in Africa dove la salute “è negata”. È stato questo l’augurio, accompagnato da ammirazione e benedizioni, che Papa Francesco ha rivolto ai “Medici con l’Africa – CUAMM”, l’ong che dal 1950 lavora con personale sanitario e volontari al miglioramento della salute nel continente africano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Uganda e Tanzania, Mozambico e Angola, Etiopia e Sierra Leone, Sud Sudan. La carta geografica della precarietà, un novero di Paesi dove in troppi nascono senza sapere per quanto vivranno – sulle spalle l’ipoteca della miseria, delle condizioni ambientali avverse, di democrazie troppo fragili per dare risposte alle urgenze specie di tipo sanitario.

Salute negata, a parte i ricchi
A dare risposte in queste aree dimenticate da oltre 65 anni, volutamente senza protagonismi, è “Medici con l’Africa – CUAMM”, che dal 1950 ha portato oltre mille persone a dare aiuto ai più poveri del continente. E in novemila, tra medici, infermieri, volontari e sostenitori riempiono l’Aula Paolo VI, accolti dalla gratitudine senza limiti di Papa Francesco, che ascolta le toccanti testimonianze di due medici, raccontate dal direttore don Dante Carraro. Esperienze, sottolinea il Pontefice, in favore “del diritto umano fondamentale della salute per tutti”:

“La salute, soprattutto quella di base, è di fatto negata – negata! – in diverse parti del mondo e in molte regioni dell’Africa. Non è un diritto per tutti, ma piuttosto è ancora un privilegio per pochi, quelli che possono permettersela. L’accessibilità ai servizi sanitari, alle cure e ai farmaci rimane ancora un miraggio. I più poveri non riescono a pagare e sono esclusi dai servizi ospedalieri, anche dai più essenziali e primari”.

La “Porta santa” delle periferie
Voi, osserva Francesco, siete quelli dell’“ultimo miglio” dei sistemi sanitari e in queste “periferie geografiche” come buoni samaritani andate incontro ai “Lazzaro” in difficoltà passando “la porta che conduce dal primo al terzo mondo”, la vostra “porta santa”, per assicurare, ad esempio, un “parto sicuro e dignitoso” alle mamme e assistenza ai loro bambini, specie neonati:

“In Africa, troppe mamme muoiono durante il parto e troppi bambini non superano il primo mese di vita a causa della malnutrizione e delle grandi endemie. Vi incoraggio a rimanere in mezzo a questa umanità ferita e dolente: è Gesù. La vostra opera di misericordia è la cura del malato, secondo il motto evangelico ‘Guarite gli infermi’. Possiate essere espressione della Chiesa madre, che si china sui più deboli e se ne prende cura”.

Solidarietà gratis
L’Africa, dice con forza il Papa, “ha bisogno di accompagnamento paziente e continuativo, tenace e competente”, di “ricerca e innovazione”, del “dovere di trasparenza verso i donatori e l’opinione pubblica”:

“Siete medici ‘con’ l’Africa e non ‘per’ l’Africa, e questo è tanto importante.  Siete chiamati a coinvolgere la gente africana nel processo di crescita, camminando insieme, condividendo drammi e gioie, dolori ed entusiasmi. I popoli sono i primi artefici del loro sviluppo, i primi responsabili! So che affrontate le sfide quotidiane con gratuità e aiuto disinteressato, senza proselitismi e occupazione di spazi. Anzi, collaborando con le Chiese e i Governi locali, nella logica della partecipazione e della condivisione di impegni e responsabilità reciproche”.

Chiesa non è “super-clinica per vip”
Ricordando Francesco Canova, fondatore del Cuamm, e colui che diresse per 53 anni l’organizzazione, don Luigi Mazzuccato, il Papa conclude indicando ai volontari di oggi il modello rappresentato dalle due storiche figure, così simile all’ideale sognato da Francesco di una Chiesa povera per i poveri:

“Sulla scia di questi grandi testimoni di una missionarietà di prossimità ed evangelicamente feconda, voi portate avanti con coraggio la vostra opera, esprimendo una Chiesa che non è una 'super clinica per vip' ma piuttosto un ‘ospedale da campo’. Una Chiesa dal cuore grande, vicina ai tanti feriti e umiliati della storia, a servizio dei più poveri”.

A migliaia dunque le persone legate a vario titolo a "Medici con l’Africa – CUAMM", giunte da tutta Italia, che hanno partecipato all’udienza con Papa Francesco. Ma cosa spinge a lasciare tutto e andare in Africa per aiutare popolazioni a cui spesso sono negate anche cure mediche di base? Marina Tomarro ha raccolto le testimonianze di Giovanni Putoto, responsabile per la programmazione sanitaria per il Cuamm, di Chiara Scanagatta coordinatrice dei progetti per il Sud Sudan, di Camillo volontario di Roma, e del pediatra Cornelio Fanelli, raccolte da Marina Tomarro:

(Giovanni Putoto)

R. – Spinge la riconoscenza per quello che si è ricevuto qui: tutti i doni. Io vedo la mia esperienza personale. E poi a me avevano colpito le figure dei missionari e questa straordinaria realtà laicale: “Medici con l’Africa Cuamm”.

D. – L’incontro con le popolazioni africane: cosa resta?

R. – Resta degli africani e dell’Africa la sensazione di aver vissuto una scuola: la scuola dell’essenzialità. Cioè, i problemi ci sono dappertutto, li abbiamo anche noi, ma i problemi che hanno gli africani sono molto più gravi. E loro li affrontano in maniera essenziale: questa è la lezione più grande.

D. – Il Papa vi ha invitato a essere sempre più cooperanti verso questi popoli. In che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Bisogna lavorare, con le comunità, con la Chiesa, ma anche con gli Stati, perché non si può fare assistenzialismo. Il Cuamm è un organismo che si occupa di salute ed è fatto soprattutto di medici. Quindi, bisogna lavorare bene, dando il massimo, ma anche ponendo le basi perché le popolazioni e le istituzioni africane possano poi gestirsi. Quindi, è necessario investire molto sulla formazione, l’affiancamento, e non sulla sostituzione.

(Chiara Scanagatta)

R. – Io lavoro con il Cuamm dal 2008. Sono stata in Angola tre anni, in Sud Sudan quattro, sono rientrata da poco e adesso lavoro in sede, quindi il Cuamm è un po’ una sorta di famiglia. E per me oggi è importante stare qui, con la mia famiglia, ad ascoltare il Papa che ha sempre un messaggio molto in linea con quello che è l’approccio e il sentimento del Cuamm

D. – Cosa ti ha spinto ad andare in Africa?

R. – All’inizio la curiosità. E poi è stata una sorta di innamoramento, che continua tutt’oggi. È la gioia di fare un percorso assieme alla gente che è là.

D. – Qual è la situazione che ti trovi davanti quando vai in Africa?

R. – Un continuo mettersi in discussione, giorno dopo giorno… Tanti bisogni, tante necessità, ma anche tanta capacità di trovare delle soluzioni a cui forse noi prima non avremmo pensato. È proprio il lavorare insieme che ti porta a vedere le cose anche in modo diverso.

D. – Il Papa vi ha invitato a essere sempre più cooperanti con questi Paesi. Allora, in che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Continuare a partire. Non fermarsi mai, anche quando ti scoraggi, perché sono tanti i momenti in cui ti mancano le forze, la volontà… Ma non scoraggiarsi, andare avanti, perché ne vale la pena!

(Camillo)

R. – Io sono nel gruppo volontario del Cuamm di Roma. Sono stato in Africa a febbraio un mese, a Wolisso in Etiopia, come studente di medicina. È un gruppo piccolino: per ora siamo 50. Però cerchiamo di farlo quotidianamente.

D. – Cosa ti ha lasciato questo viaggio in Etiopia?

R. – Ho visto cose che una persona sì, forse immagina, però vederle è diverso. Ho conosciuto tante persone sia etiopi che italiane del Cuamm... E poi, da studente di medicina, è un’esperienza sicuramente molto formativa sia da un punto di vista pratico che umano.

D. – Quale situazione hai trovato?

R. – Non così grave come me la aspettavo. Certo, la sala operatoria aveva la corrente che non funzionava molto, quindi a volte a metà intervento ci è successo di ritrovarci al buio... Anche l’acqua c’era e non c’era e per lavarsi bisognava andare a prenderla al pozzo…

D. – Come siete stati accolti?

R. – Le persone bianche sono pochissime. Perciò, i bambini, quando ti vedono per strada incominciano a correrti dietro, a chiamarti e dicono: “Farangi! Farangi!”, che vuol dire il bianco. E fanno una specie di corteo ovunque tu vada. Questo è molto piacevole e divertente.

(Cornelio Fanelli)

R. – Sinceramente, è una voglia che è partita da tanto lontano. Mi sono iscritto alla Facoltà di Medicina già con questo intento, in verità. E poi ho avuto modo di concretizzarlo prestando un servizio di tre anni con “Medici con l’Africa Cuamm” in Tanzania. Poi, ho fatto delle missioni brevi in Angola, Mozambico e Etiopia.

D. – Cosa vi hanno lasciato tutti questi viaggi? Cosa ricorda?

R. – Continuano a lasciarmi molto e penso che mi faranno conoscere ancora tante cose. Mi hanno lasciato una gran voglia di essere pronto e attento ai bisogni dell’altro in generale.

D. – Papa Francesco vi ha invitato a continuare a cooperare con l’Africa, ad aiutarli a svilupparsi sempre di più. In che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Confermando le nostre intenzioni, la nostra voglia, la nostra operatività.








All the contents on this site are copyrighted ©.