2016-05-07 08:26:00

Istanbul: in crisi la libertà di stampa, condannati due giornalisti


In Turchia è allarme libertà di stampa. Il tribunale di Istanbul ha condannato due giornalisti dell’opposizione per aver diffuso segreti di Stato. Lo scoop incrimanato riguarda il presunto passaggio di un camion pieno di armi e di munizioni turche verso le postazioni dello Stato islamico nel territorio siriano. Il mezzo sarebbe stato scortato da agenti dell'intelligence di Ankara. Uno dei giornalisti presenti al processo, Car Dundar, è stato aggredito da un attentatore armato di pistola all'uscita dal Tribunale ma senza rimanere colpito. A farne le spese è stato un altro reporter, che è stato ferito lievemente a una gamba. Il servizio di Daniele Gargagliano:

Car Dundar, direttore del quotidiano laico Cumhuriyet,  e il suo caporedattore Erdem Gul sono stati condannati a 5 anni e 10 mesi di prigione per spionaggio, minaccia alla sicurezza dello Stato dal tribunale di Istanbul. L’accusa è di aver svelato la fornitura di armi turche alle postazioni del sedicente Stato Islamico in Siria con l’ausilio dell’intelligence nazionale. Dundar è stato inoltre aggredito durante una pausa dell’udienza da un attentatore armato  di pistola. L’uomo ha provato a colpirlo ma ha ferito un altro giornalista di Ntv che gli ha fatto scudo ed è rimasto ferito lievemente alla gamba. Intanto la situazione politica interna al governo di Ankara si fa sempre più instabile. Dopo l’annuncio delle dimissioni del premier Davutoglu, il 22 maggio si riunirà il congresso dell’ Akp, il Partito conservatore del Presidente Erdogan che ribadisce: " per la Turchia "una nuova Costituzione e un sistema presidenzialista sono un bisogno urgente, non una mia agenda personale". Marco Guerra ne ha parlato con Marco Di Liddo analista del Cesi ed esperto dell’area:

R. – Erano diversi mesi che il primo ministro turco stava pensando a come abbandonare la scena. Davutoglu è sempre stata una figura politica che cercava ancora di percorrere la strada europeista, e di mediare tra le parti più intransigenti del partito al potere e quelle invece più moderate. I dissapori tra Davutoglu e Erdogan sono diventati insostenibili: Davutoglu ha capito di essere sostanzialmente isolato e di non poter controbattere il Presidente ed ha preferito, con grande maturità, farsi da parte.

D. – Quali conseguenze sta avendo questa svolta nell’assetto istituzionale della Turchia?

R. – Al momento, a livello istituzionale, il progetto politico di Erdogan ha avuto un impatto abbastanza limitato, perché l’Akp, per quanto disponga di una maggioranza larga, non ha i numeri parlamentari per poter avviare un referendum o una modifica della Costituzione in maniera unilaterale. Quindi, l’effetto è sino ad ora più politico che istituzionale, ma in futuro potrebbe anche assumere un’inquadratura burocratica e legale ben precisa.

D. – Si tornerà al voto o verrà scelto un premier proprio dall’Akp?

R. – Trattandosi di un conflitto politico interno ai confini dell’Akp, sarà probabilmente il partito ad indicare il successore di Davutoglu che apparterrà quasi sicuramente all’Akp, e sarà probabilmente uno stretto alleato di Erdogan. Quindi la possibilità di tornare al voto è abbastanza difficile ed escludibile in questo momento.

D. – L’Europa è preoccupata per questa crisi politica turca; ci possono essere delle ripercussioni sul piano internazionale?

R. – Non solo l’Europa, ma anche la Nato è preoccupata per la parabola politica imboccata dalla Turchia. Le ripercussioni internazionali possono essere tante e in diversi settori, non solo a livello dei rapporti con l’Europa: infatti Davutoglu era uno degli ultimi grandi sostenitori della partnership tra Bruxelles e Ankara. Quindi, probabilmente la Turchia adesso investirà la maggior parte delle sue risorse nella proiezione di influenza e potere nel suo vicinato orientale. Quindi il primo effetto probabilmente potrebbe essere un ulteriore inasprimento della posizione di Ankara sia verso il dossier curdo interno sia verso quello curdo in Siria. Perché non dimentichiamo che la priorità di Ankara rimane quella di far cadere Assad e, contemporaneamente, impedire la formazione di un’entità politica autonoma a curda nel nord della Siria.

 








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