2016-05-09 12:56:00

Ue invia agenti antiterrorismo nei campi profughi in Italia e Grecia


L'Unione Europea sta inviando agenti antiterrorismo nei campi profughi "in vari punti caldi di Grecia ed Italia", con l'obiettivo di identificare combattenti jihadisti. Lo dice a El Pais il colonnello Manuel Navarrete, direttore del Centro europeo contro il Terrorismo, istituito quest'anno. Gli specialisti di Europol, i cosiddetti 'guest officers' - afferma Navarrete - aiuteranno le autorità dei due Paesi "a identificare i possibili terroristi, persone che avendo l'opportunità di sfruttare questo flusso di migliaia di rifugiati possono nascondersi tra di loro ed entrare in Europa". Uno strumento in più ma che suscita forti dubbi nel Silp-Cgil, il sindacato dei lavoratori della Polizia. Al microfono di Valentina Onori, il segretario generale Daniele Tissone:

R. – In un’ottica di condivisione e scambio di informazioni, anche alla luce di possibili segnalazioni - penso ai tanti documenti falsi - se vi sono degli ulteriori elementi rispetto ai quali gli investigatori possono coadiuvare e aiutare le forze di polizia, ben venga. Mi sento però di dire che è solo un versante, perché la stragrande maggioranza delle persone che compongono questo esodo sono richiedenti asilo e profughi. E quindi non vorrei che si confondesse l’idea dell’immigrazione con quella della criminalità. È un versante rispetto al quale si deve indagare e devono essere utilizzate tutte le risorse disponibili. Quindi ben venga questa forma di prevenzione e intelligence, che - mi auguro - sia anche supportata da una serie di risorse.

D. – I terroristi non potrebbero utilizzare, in qualche modo, la via battuta dai migranti?

R. – Se è vero che il 90 per cento dei migranti dichiarano che avrebbero usato servizi illegali per arrivare nei Paesi dell’Unione europea, e che solo nello scorso anno questo è costato dai tre ai sei miliardi, più che dire che c’è un legame tra questi esodi e il terrorismo, direi che la criminalità organizzata - il terrorismo - si può servire di queste persone: le sfrutta, le fa pagare per venire illegalmente nei Paesi dell’Unione Europea. Anche la rotta balcanica oggi desta la maggiore apprensione, però tutto deve essere colpito: il traffico delle armi, che orbita intorno agli sporchi affari del terrorismo internazionale e delle organizzazioni criminali, come i crimini finanziari. Questi sono tutti aspetti importanti, che però si potranno anche risolvere solamente nel momento in cui ci saranno anche importanti sviluppi politici nel quadrante mediorientale. E mi riferisco in particolare alla situazione libica, rispetto alla quale si rende sempre più ingovernabile il fenomeno degli esodi.

D. – Il direttore di Europol ha detto che una cooperazione con i Paesi di partenza, come ad esempio Siria e Libia, renderebbe più efficace l’individuazione di questi presunti jihadisti: è fattibile?

R. – Il fenomeno dei “foreign fighters”, degli emulatori e soprattutto delle cellule ben organizzate, è un fenomeno nuovo, ma si tratta di un fenomeno pernicioso e pericoloso con il quale la nostra società si sta confrontando. Quindi ben vengano la condivisione e lo scambio di informazioni. Tutti i versanti sui quali si può lavorare sono importanti, anche quello dell’immigrazione clandestina. Però l’equazione che l’immigrazione sia legata al fenomeno terroristico è un’equazione, almeno per quanto riguarda l’esodo dei profughi e dei richiedenti asilo, sbagliata. Le cellule ben organizzate non si avvarrebbero mai, anche alla luce dei tanti controlli di polizia, almeno nel nostro Paese, a far passare e transitare su quelle rotte, criminali di un certo livello e incalliti. Quindi il problema potrebbe sorgere per eventuali fiancheggiatori. Credo che il problema debba essere affrontato a 360° e che vi sia bisogno di una sempre maggiore attenzione da parte dell’Unione Europea, di tutto l’Occidente e anche del nostro Paese, rispetto a questi fenomeni. Mi sembra che comunque l’attività di prevenzione finora messa in atto sia positiva e che abbia dato anche i suoi risultati. È chiaro che si tratta di un fenomeno nuovo che deve essere studiato, analizzato, e rispetto al quale bisogna trovare le giuste soluzioni. Perché se è vero che il sedicente Stato islamico avrebbe minacciato di colpire l’Europa anche attraverso gli esodi e i traffici, il problema si pone ed è giusto cercare di correre ai ripari.

D. – Questi agenti anti-terrorismo nei campi profughi d’Italia e Grecia potrebbero essere una soluzione…

R. – Lo scambio di informazioni è essenziale, anche su questo versante. Ma direi che un ulteriore versante sia quello di condurre un’attività molto fina e molto attenta di intelligence anche con i Paesi mediorientali dai quali provengono le minacce.








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