“L'esperienza del terremoto é stata realmente un trauma grande per tutti, ma soprattutto per le numerose famiglie che hanno perso i loro congiunti. Penso a quel papá di Manta che ha perso la moglie, i due figli, la suocera ed un nipote o a quella famiglia che é stata distrutta mentre il papá cercava di mettere tutti in salvo in macchina: la casa davanti alla quale si era fermato é crollata e ha sepolto tutti. Tragedia, dolore, morte ci hanno raggiunto tutti impreparati. Siamo rimasti per giorni e giorni attoniti, increduli, sempre in attesa di qualche tragica notizia in piú”. Così riferisce all’agenzia Fides l’arcivescovo di Portoviejo, mons. Lorenzo Voltolini, descrivendo gli avvenimenti seguenti al terremoto di 7.8 gradi della scala Richter che alle ore 19 di sabato 16 aprile, ha devastato l’Ecuador.
Portoviejo: una città semidistrutta
“L’immensa forza sismica ha distrutto case, alberghi, chiese, case parrocchiali, scuole,
universitá, edifici pubblici, sociali e commerciali. Tutto nel giro di 50 lunghi secondi.
E poi un silenzio di morte” racconta mons. Voltolini. “La tragedia avrebbe potuto
essere sicuramente molto piú grande se il cataclisma fosse stato in un altro giorno
e in un’altra ora. Molte persone il sabato vanno alla Messa che inizia, in generale,
alle 19 o alle 19,30. Io mi trovavo nella cappella di un rione periferico della cittá
di Portoviejo. Avevo appena finito di celebrare la Messa. Ero in sacrestia, la forza
del movimento é stata tanto grande che, per non cadere, ho dovuto aggrapparmi agli
stipiti della porta. I fedeli che ancora stavano in chiesa sono caduti a terra, l’energia
elettrica é mancata alla prima scossa”.
La Chiesa accoglie i senzatetto e distribuisce acqua e viveri ai piú bisognosi
L’arcivescovo racconta che “molte chiese sono state severamente danneggiate. Alcune
senza possibilitá di recupero dovranno essere distrutte completamente. Altre ancora
dovranno essere messe in sicurezza, ma con forti spese. Molte scuole e cliniche sono
state devastate, alcune rase al suolo”.
La Chiesa, fin dall'inizio, si è prodigata per accogliere i senzatetto, distribuire
acqua e viveri ai piú bisognosi. La stessa casa del vescovo, avendo resistito al sisma,
si è trasformata in ospedale. “Il ‘Banco de Alimentos’ ci ha mandato immediatamente
un contenitore immenso di acqua e cibo – prosegue mons. Voltolini -.
I primi soccorritori sono stati i sacerdoti e i parroci della cittá di
Portoviejo
L'esempio di molti sacerdoti é stato veramente bello e coraggioso. Nelle cittadine
piú piccole, i parroci sono stati, e lo sono ancora, i veri organizzatori dei soccorsi,
prima ancora che arrivasse lo Stato. La rete dei catechisti e dei messaggeri conosce
molto bene le necessitá e sa chi é nell'indigenza, per questo i nostri aiuti, come
Chiesa, sono arrivati senza ripetizioni e senza accaparramenti. I volontari sono stati
veramente bravi ed efficaci”.
La Chiesa distruisce generi di prima necessità mediante parrocchie e piccole
comunità
L’arcivescovo rileva che anche l'organizzazione statale ha fatto la sua parte, fornendo
luce, mezzi per lo sgombero delle macerie, valutazioni sulla stabilitá degli edifici,
tuttavia in alcune occasioni, ha detto alle autoritá che la Chiesa vorrebbe godere
di piú libertá “nel fare il bene”, nel distribuire i generi di prima necessitá mediante
le parrocchie e le piccole comunitá.
Il motto del piano pastorale è: Accoglienza e Misericordia contro lo scoraggiamento
“Non dimenticateci - chiede l’arcivescovo di Portoviejo - avremo bisogno di voi quando
inizieremo la ricostruzione, che non sará solo di colonne, mattoni, cemento, ma di
famiglie, comunitá, parrocchie, relazioni umane nuove, nate sullo stile e le esigenze
del Vangelo”. E sottolinea che il motto del loro piano pastorale è “Accoglienza e
Misericordia”. “Non lo abbiamo cambiato – spiega -, perchè ci é sembrato il piú appropriato
per vivere e vincere la tentazione dello scoraggiamento”. (S.L.)
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