2016-05-13 13:43:00

Francia: governo supera mozione sfiducia, passa riforma lavoro


In Francia è stata respinta, ieri sera, la mozione di sfiducia presentata dai partiti Unione dei Democratici e degli Indipendenti e Les Républicains contro il governo francese dopo che il premier Manuel Valls aveva scelto la strada dell'approvazione senza passaggio parlamentare della legge di riforma del codice del lavoro. La legge è passata adesso al Senato. Contro questa iniziativa legislativa, che concede maggiore flessibilità alle imprese in materia di orari, organizzazione del lavoro e licenziamenti per ragioni economiche, da oltre un mese si susseguono manifestazioni in tutto il Paese. Anche ieri sera, le proteste sono sfociate in violenti scontri in piazza sia a Parigi che in altre città. Ascoltiamo il commento di Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera e conoscitore della società francese, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Le conseguenze sono di vario tipo. Vanno sicuramente analizzate una per una. La prima, la più spettacolare in questo momento è ovviamente sul piano politico, nel senso che il Partito socialista si è fortemente diviso: una fronda ha addirittura minacciato di votare con la destra o di proporre una mozione di censura contro il governo, colpevole ai suoi occhi di aver posto la fiducia per far passare la legge. Una legge ovviamente invisa ai sindacati, in generale alla sinistra e ad una parte dell’opinione pubblica, che ha chiaramente diviso il dibattito nel Paese. Ma la conseguenza più drammatica riguarda sicuramente la famiglia socialista e ad un anno dalle presidenziali non è certamente una buona notizia.

D. – Una delle accuse che si fa a questa legge è quella che farà fare un passo indietro alla Francia, mentre c’è un’altra parte che dice che invece questa legge potrebbe essere un momento di crescita per quanto riguarda il mercato del lavoro. Qual è la verità tra le due parti?

R. – Bisogna pensare al Jobs act all’italiana. È chiaro che in sintesi questa è una riforma del mercato del lavoro che rende oggettivamente un po’ più facili i licenziamenti, ma rende anche molto più facili le assunzioni. È vero che la Francia ha un meccanismo di tutela del mercato del lavoro molto forte  - ed è per questo che le proteste sono forti - ma è anche vero che soprattutto una grande parte dei giovani è fuori dal mercato del lavoro, la spesa pubblica continua ad  aumentare, il Pil non cresce e quindi il governo è dovuto correre ai ripari cercando di introdurre una politica più liberale fondamentalmente, ma che vediamo in molti Paesi del Nord o addirittura in un Paese come la Germania sta dando i suoi frutti. In Francia, poi, c’è il peso abnorme di una legge che da anni fa discutere e che tutti vorrebbero cambiare, ma a cui nessuno osa mettere mano: la legge sull’orario di lavoro ridotto a 35 ore, che di fatto non è applicato quasi mai e che quindi comporta delle enormi spese di lavoro straordinario e costi molto alti. Anche su questo ovviamente la nuova legge cerca di ridurre questo aspetto della questione.

D. – Forti sono state le proteste in questi giorni proprio contro questa legge. Ma chi c’è dietro queste proteste? Solo i sindacati o altro?

R. – Come avviene sempre in Francia, questo è un po’ un rituale. Ci sono minoranze che hanno un fortissimo potere di blocco, in modo particolare i sindacati del pubblico impiego e quelli dei trasporti che pur non avendo un grandissimo seguito tra gli iscritti, possono comunque imporre dei blocchi molto forti che chiaramente hanno effetti piuttosto importanti nella vita di tutti i giorni. Poi, questa protesta si è saldata alla protesta studentesca che è generata da un discorso culturale, intellettuale. In realtà la piazza, la mobilitazione, è molto minoritaria, lo si è visto anche in queste sere a Parigi: parliamo veramente di qualche centinaia, forse qualche migliaia di persone.

D. – Questa legge poteva essere proposta in una maniera differente? Alcuni punti potevano esser migliori di come invece sono stati elaborati?

R. – Qui entriamo ovviamente nella disquisizione del merito. È chiaro che secondo gli imprenditori è stata fin troppo emendata. Ma è evidente che tutto poi si salda alla prospettiva delle elezioni presidenziali, nel senso che maggio 2017 è ormai molto vicino, quindi  dopo l’estate entriamo veramente di fatto in un anno di campagna elettorale. Hollande è ai minimi termini nei sondaggi e quindi per risalire la china deve tentare di tenere unita ancora la sinistra e al tempo stesso garantire, offrire all’elettorato e quindi all’opinione pubblica - un Paese in ripresa dopo tre anni in cui il presidente, di fatto, ha portato avanti una politica di spesa pubblica e di alta tassazione - altrimenti, il rischio è che il Paese torni a destra.








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