2016-05-17 13:12:00

Burundi: arresti a Bujumbura. Espulsioni dal Rwanda


Nuove tensioni in Burundi, che coinvolgono anche ai Paesi limitrofi. Secondo fonti di Bujumbura oltre 1.300 burundesi sono stati espulsi dal Rwanda perché hanno rifiutato di trasferirsi in campi profughi allestiti dalle autorità di Kigali. Si tratterebbe di normali lavoratori ma anche persone costrette a scappare dalle loro abitazioni a causa delle violenze che si protraggono da oltre un anno in Burundi, da quando cioè nell’aprile 2015 il Presidente Pierre Nkurunziza annunciò la propria candidatura per un controverso terzo mandato, che poi di fatto ottenne nel luglio scorso. Gli scontri hanno già causato oltre 500 morti e più di 270 mila profughi. L’Onu si è detto particolarmente preoccupato per la recrudescenza delle tensioni soprattutto a Musaga, quartiere meridionale di Bujumbura, dove sono stati eseguiti almeno un centinaio di arresti. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Bujumbura padre Mario Pulcini, superiore dei Missionari saveriani in Burundi:

R. – La situazione è abbastanza tesa, soprattutto in quelli che vengono considerati i quartieri che hanno sostenuto la protesta contro il terzo mandato dell’attuale Presidente e quindi Musaga, Cibitoke, Muterere: sono le zone che, in questo momento, sono sotto tensione. Lì ancora ci sono arresti arbitrari, probabilmente: parte della gente che viene arrestata, viene poi liberata; altri sono, invece, sotto interrogatorio. Si teme che ci sia in atto qualcosa che possa andare contro il governo, una specie di rivolta.

D. – Le autorità temono cioè che ci possano essere nuove azioni, nuove proteste?

R. – Ecco, questo. Diciamo che è in atto una specie di “punizione” per tutti quei quartieri. E non sono ancora terminati questi arresti. Ciò fa dubitare che ci sia dietro qualche altra cosa, più grossa. Inoltre non riescono a sedersi a un tavolo negoziale, un giorno accettano e un altro giorno no. Non accettano il dialogo con coloro che hanno partecipato o hanno sostenuto il colpo di Stato di un anno fa e che sono all’esterno. Poi c’è l’opposizione che è all’interno e che, probabilmente, ha paura anche a mostrarsi. Per cui, il rischio è che si vada verso una specie di catastrofe.

D. – Padre, lei ha parlato di opposizione interna, ma anche di forze esterne. Chi ha partecipato a questo momento che è poi sfociato in tensioni?

R. – Ha partecipato la gente, ma possono essere anche dei militari, che probabilmente hanno sostenuto questo tentativo. La settimana scorsa c’è stato il processo, con la condanna per più di 20 di questi militari e “pezzi grossi” dell’esercito che avrebbero partecipato al tentativo di colpo di Stato. Il resto è all’estero: è riuscito a fuggire e a rifugiarsi o in Paesi vicini, in Rwanda o anche in Congo, e altri nei Paesi europei.

D. – Proprio dal Rwanda arriva la notizia che oltre 1.300 burundesi sarebbero stati espulsi dalle autorità di Kigali, perché avrebbero rifiutato il trasferimento in campi profughi. Ma qual è la situazione di queste persone?

R. – La situazione non è bella! C’è molta paura. E qui c’è anche il sospetto che nei campi profughi ci sia il reclutamento di gente, di giovani per venire ad attaccare le istituzioni. Ciò è sempre stato smentito dalle autorità del Paese vicino. E’ chiaro che anche questo crea molta tensione. Qui hanno paura che si stiano preparando e là, sentendosi sotto accusa, fanno di tutto per far rientrare più persone possibili in Burundi.

D. – Temete per l’incolumità della popolazione civile, ma anche per voi missionari?

R. – Finora, almeno per noi, non ci sono stati grossi problemi: almeno qui dove lavoriamo non siamo stati toccati, a parte qualche minaccia, ma niente di grosso. Temiamo più per la popolazione, per la gente: è chiaro che, sentendosi indifesa, non sa più da che parte andare. Ce ne sono ancora tanti che cercano di lasciare il Paese o meglio di lasciare questi quartieri, in cui c’è veramente insicurezza e nessuna possibilità di vivere.

D. – Qual è la speranza?

R. – Che riescano a sedersi ad un tavolo negoziale. Devono farlo assolutamente, non c’è alcuna altra soluzione. Speriamo che l’Anno Santo della Misericordia possa fare questo miracolo, per tutti.








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