2016-05-18 14:59:00

Yemen, conflitto dimenticato: milioni di persone alla fame


Sono oltre 7 milioni e mezzo le persone che nello Yemen sono a “un passo dalla fame”. Lo denuncia l’Onu, che parla di urgente bisogno di cibo, acqua potabile e medicine in un Paese che da un anno è sotto assedio dai raid di Arabia saudita e di altri paesi arabi che bombardano le postazioni dei miliziani sciiti Houthi, colpendo però anche la popolazione civile. Dei quasi due miliardi chiesti dall’Onu per gli aiuti destinati a 13 milioni di yemeniti, ne è stato finanziato solo il 16%  e nel frattempo il ministro degli esteri yemenita ha annunciato lo stop ai colloqui di pace in corso in Kenya tra il governo e i ribelli. Francesca Sabatinelli ha intervistato Alda Cappelletti, direttore regionale per lo Yemen di Intersos:

R. – La situazione rispecchia i continui allarmi che le Nazioni Unite e tutta la comunità delle ong, presenti sul territorio, sta mandando ormai da più di un anno. Il conflitto è cominciato nel marzo del 2015 e, da allora, non si è arrestato, con picchi di violenza e di scontri, strada per strada, molto alti in tutto il Paese. La situazione umanitaria, quindi, dopo più di un anno di conflitto, è estremamente grave e ha portato a milioni e milioni di sfollati interni. Ci sono diverse città come Taiz, Ib e soprattutto Aden, nel sud, che sono difficilmente raggiungibili da parte delle organizzazioni internazionali. Una buona parte di quella popolazione, quindi, non è ancora stata raggiunta dagli aiuti e in molti sono costretti ad abbandonare naturalmente le loro case, per cercare riparo dai bombardamenti, che sono tuttora in atto, nonostante da qualche settimana ci siano i colloqui di pace fra le varie parti in conflitto, che stanno procedendo a rilento. Ovviamente, c’è una tregua in atto, che non viene rispettata da tutti. Nonostante, dunque, le speranze per questi colloqui di pace, la situazione sul territorio non è decisamente cambiata per la popolazione.

D. – Le Nazioni Unite hanno denunciato anche il drammatico calo degli aiuti internazionali. Perché?

R. - Innanzitutto, la risposta  umanitaria in questo momento nel Paese viene data da un numero abbastanza ridotto di organizzazioni internazionali e anche di organizzazioni nazionali. Questo perché con lo scoppio del conflitto, nel marzo del 2015, molti hanno deciso di evacuare e di interrompere le operazioni, a causa appunto della troppa violenza. Quindi le organizzazioni internazionali, che alla fine sono quelle che hanno più facilità di movimento sul terreno, possono fare quello che riescono, anche perché il conflitto è rimasto ed è difficile raggiungere molte zone, soprattutto quelle periferiche. Di conseguenza, la comunità internazionale presente nel territorio sta cercando di fare tutto il possibile. E’ chiaro che tutte le strutture, le infrastrutture governative, non forniscono più alcun servizio, a partire dai servizi base come quelli della salute, che vanno ad aggiungersi ad una problematica nutrizionale, che è sempre stato uno dei problemi principali nello Yemen. Tutte questi elementi si sommano alla percezione che si stia facendo poco. C’è anche da dire che la crisi umanitaria dello Yemen è considerata dalle comunità dei donatori non una priorità, purtroppo. Quindi, rispetto agli appelli che le organizzazioni internazionali, le Nazioni Unite e ovviamente tutte le ong hanno fatto negli ultimi mesi, quello che si è riuscito a raccogliere è una percentuale decisamente infinitesimale rispetto a quella di cui in realtà si ha bisogno.

D. – Che questa tragica situazione non sia una priorità per la comunità internazionale fa il paio con il fatto che questa crisi sembra non essere una priorità neanche per i media e per l’informazione in generale. Perché questo cono d’ombra su questo Paese?

R. – Lo Yemen soffre da anni di una crisi umanitaria fortissima. Del resto è uno dei Paesi che ospita migliaia e migliaia di rifugiati, che arrivano ogni anno dal Corno d’Africa, soprattutto dalla Somalia, dall’Etiopia, dall’Eritrea che, nonostante il conflitto, continuano ad arrivare. Questo, quindi, è un altro livello di complicazione della crisi. Lo Yemen è rimasto sempre lontano dall’attenzione dei media internazionali, probabilmente perché nell’immaginario comune è un Paese decisamente periferico rispetto a crisi che ci toccano più da vicino, come le recenti crisi delle migrazioni in Grecia, nei Balcani e anche in Italia. Senza considerare poi che crisi come quella della Siria attirano decisamente molto più l’attenzione rispetto ad una crisi come quella dello Yemen.

D. – Intersos è l’unica ong italiana presente da tempo nello Yemen, a sostegno delle popolazioni. In che modo intervenite?

R. – Intersos è rimasta nel Paese, nonostante appunto il conflitto. In questo momento ci stiamo soprattutto concentrando sul supporto sanitario. Siamo praticamente presenti in tutte le città del Paese con una serie di cliniche mobili, che forniscono immediata assistenza, in termini appunto di cure mediche, ma anche dal punto di vista nutrizionale, soprattutto a donne e bambini che, come sempre, rimangono le fasce decisamente più vulnerabili.








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