2016-05-22 08:30:00

Sri Lanka, inondazioni. Nunzio: in atto mobilitazione interreligiosa


Iniziano ad arrivare in Sri Lanka gli aiuti internazionali per le circa 500 mila persone costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa delle forti piogge, inondazioni e frane che hanno colpito Colombo e la periferia nord est della capitale, nelle zone attraversate dal fiume Kelani. Carichi di materiale di prima necessità stanno giungendo da India, Giappone, Australia e Usa. Le precipitazioni che hanno interessato il Paese per tutta la settimana, causando oltre 70 morti e circa 130 dispersi, stanno ora perdendo d’intensità, ma rimane l’emergenza. Ce ne parla l’arcivescovo Pierre Nguyên Van Tot, nunzio apostolico in Sri Lanka, raggiunto telefonicamente a Colombo da Giada Aquilino:

R. – Le piogge, cominciate il sabato prima della Pentecoste, al momento sono cessate. Ci sono state tante inondazioni e anche frane. Qui ci sono colline con piantagioni di tè, ma hanno tagliato gli alberi e per questo l’acqua, scorrendo, ha portato con sé tanto fango, seppellendo la gente che viveva sotto le colline. Il governo ha cercato di intervenire e aiutare gli abitanti di quelle zone, ma le persone sepolte dal fango - è stato detto - non possono più essere trovate vive.

D. – Queste colline sono state interessate dal disboscamento e quindi per questo motivo le piogge hanno creato danni così gravi?

R. – Sì e non è la prima volta. Anche due anni fa ci sono state frane del genere. Spesso il governo ha chiesto agli abitanti di andar via da quelle aree, ma loro essendo impiegati in alcune ditte di tè non si sono potuti trasferire. Per questo motivo, dunque, hanno subito gravi danni e ci sono stati tanti morti.

D. – Ci sono anche molti sfollati: cosa serve a queste persone?

R. – Il governo sta chiedendo tante cose: cibo, vestiti, medicinali. Il ministero degli Affari Esteri invia messaggi alle ambasciate, chiedendo aiuti. Pure la gente di qua si sta mobilitando, fornendo generosamente quel che può.

D. – Il Paese esce da 30 anni di guerra civile. Poteva essere preparato ad un’emergenza del genere?

R. – Adesso, c’è il problema del trasporto dei materiali, perché l’acqua impedisce l’arrivo del cibo a queste persone. Tutto il Paese, comunque, si è mobilitato.

D. – Cosa rimane della guerra civile?

R. – La questione della riconciliazione è prioritaria: ci sono le ferite delle persone, si cerca ancora gente scomparsa, c’è chi poi è in prigione e ci sono stati morti da ambedue le parti.

D. – Cioè, tra comunità cingalese e comunità tamil?

R. – Sì, ci sono ancora molte ferite.

D. – Papa Francesco ha visitato lo Sri Lanka l’anno scorso, in un momento molto toccante. Quali speranze ci sono per il Paese?

R. – Il governo cerca di seguire la linea indicata dal Santo Padre, cioè la riconciliazione tra le etnie. Qua sono quattro le religioni. Al primo posto c’è il buddismo, che in questi giorni celebra la festa del Vesak, con la luna piena. Normalmente il governo organizzava celebrazioni, ma molte sono state cancellate. Poi ci sono gli induisti, i musulmani e i cristiani. Tutti vivono in armonia e anche quelli che non sono cattolici partecipano alle nostre celebrazioni. Sono molto aperti alla religione cattolica: i bonzi buddisti, ad esempio, hanno apprezzato molto il Santo Padre.

D. – Ci sono stati sforzi anche dal punto di vista interreligioso per questa emergenza delle intense piogge?

R. – Sì, tutti si sono mobilitati e lavorano insieme. Anche la Caritas lavora con i buddisti. Non c’è distinzione di religione: tutti collaborano con generosità.








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