Non ci deve essere una famiglia senza casa, nessun rifugiato senza un’accoglienza, nessuna persona senza una dignità, nessun ferito senza cure, nessun bambino senza un’infanzia, nessun giovane senza un futuro, nessun anziano senza una dignitosa vecchiaia. A chiederlo è Papa Francesco, nel suo messaggio inviato al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in occasione della prima giornata del Summit Umanitario Mondiale. Dobbiamo impegnarci personalmente e poi tutti insieme – si legge nel testo – “coordinando le nostre forze e iniziative, rispettando le reciproche competenze ed esperienze, non discriminando, ma piuttosto accogliendo”. Da Istanbul, Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Questo summit, per Francesco “è un’occasione per dare una svolta alle vite di milioni di persone che necessitano protezione, cura e assistenza, e che cercano un futuro dignitoso”. L’auspicio che il Papa rivolge all’assemblea è quindi quello che da questo summit possano arrivare risultati che possano “realmente contribuire ad alleviare le sofferenze di questi milioni di persone”, frutti che “possano essere dimostrati attraverso una solidarietà sincera e un vero e profondo rispetto per i diritti e per la dignità di coloro che soffrono a causa dei conflitti, della violenza, della persecuzione, e dei disastri naturali”. Le vittime, scrive il Papa, sono le persone più vulnerabili, chi vive in condizioni “di miseria e di sfruttamento”.
No al “mercato” degli aiuti
Le soluzione dei conflitti oggi sono impedite da troppi
interessi, le strategie militari, economiche e geopolitiche costringono le persone
a spostarsi, “imponendo il dio denaro, il dio del potere”. Allo stesso tempo – stigmatizza
Francesco – gli sforzi umanitari sono spesso condizionati da vincoli commerciali e
ideologici. Occorre quindi “un impegno rinnovato per proteggere ogni persona nella
sua vita quotidiana e per proteggerne la dignità e i diritti umani, la sicurezza e
i bisogni globali”.
Nessuno resti indietro
Al tempo stesso è necessario preservare la libertà
e l’identità sociale e culturale dei popoli, senza che ciò ne comporti l’isolamento,
ma che al contrario favorisca cooperazione, dialogo e soprattutto pace. “Non lasciare
nessuno indietro” e “fare ognuno del suo meglio” (alcuni obiettivi del Summit - ndr)
sono esigenze che chiedono che non ci si arrenda, e che tutti noi ci si assuma la
responsabilità delle nostre decisioni e azioni riguardanti le stesse vittime.
Conoscere chi si prende cura della società
Francesco si augura quindi che il Summit possa anche
essere l’occasione per riconoscere il lavoro di chi aiuta il prossimo, il proprio
vicino, di chi contribuisce alla consolazione delle sofferenze delle vittime di guerre
e calamità, degli sfollati e dei rifugiati, di chi si prende cura della società, in
particolare attraverso scelte coraggiose in favore della pace, del rispetto , della
guarigione e del perdono. E’ così, dice il Papa, che si salvano vite umane.
Non amiamo le idee, ma le persone
“Nessuno ama un concetto, nessuno ama un’idea, noi
amiamo le persone. Il sacrificio di sé, vero dono di sé, scaturisce dall'amore verso
gli uomini e le donne, verso i bambini e gli anziani , i popoli e le comunità... facce,
quei volti e nomi che riempiono i nostri cuori”. Da Francesco parte quindi quella
che lui stesso definisce “una sfida” al Summit: ai partecipanti chiede di far “ascoltare
il pianto delle vittime e di coloro che soffrono”. Di consentire loro di insegnarci
una lezioni di umanità. E di consentire a tutti noi di cambiare il modo di vivere,
le nostre politiche, le nostre scelte economiche, i nostri comportamenti e atteggiamenti
di superiorità culturale. “Imparando dalle vittime e da coloro che soffrono – conclude
il Papa – saremo in grado di costruire un mondo più umano”.
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