2016-05-26 13:21:00

Riforma Terzo Settore è legge. Soddisfatto il mondo no profit


Soddisfazione dal mondo del no profit per il via libera della Camera ieri, alla legge che regolamenta  il Terzo Settore e riforma il servizio civile rendendolo universale.  Apprezzamento viene espresso a partire dalla definizione di questa realtà  che, escludendo partiti e sindacati, riguarda esclusivamente il  “complesso di enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche, in attuazione del principio di sussidiarietà”. Paolo Ondarza:

Una legge attesa da tempo che finalmente fa chiarezza su cosa è Terzo Settore e cosa non lo è, commenta  Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore:

R. – Noi la reclamiamo da 15 anni. Per fare un esempio molto chiaro, ad oggi noi abbiamo ancora i circoli del golf che percepiscono il 5 per Mille, ma non fondano il loro lavoro sulla solidarietà. Ecco, cominciamo a discriminare e a dire chiaro e tondo chi si impegna nelle periferie urbane, in quelle umane, che abbiamo nel nostro Paese, e chi invece costituisce un’organizzazione con un circolo di amici che decidono liberamente di giocare a golf o a bridge.

D. – Merito di questa riforma quindi è la definizione che si dà al terzo settore, proprio per evitare che si creino queste ambiguità…

R. – Esistono, in questo Paese, dei modi per evitare di chiedere le licenze per aprire un esercizio commerciale pubblico; uno di questi è fare il “circolo culturale”. Invece, il circolo culturale “vero” è quello che si trova a Scampia, e non un ristorante trasformato in circolo culturale.

D. – Il servizio civile diventa universale: questo che cosa vuol dire?

R. – Noi veniamo da una storia molto particolare. Negli anni ’70 il servizio militare era obbligatorio e chi voleva obiettare finiva in carcere. In seguito, abbiamo trasformato tutto questo in uno spazio di impegno civico volontario di giovani, con un minimo di rimborso. La prima questione che si poneva quindi era quella di fare in modo che tutti i giovani che lo vogliano fare, siano messi nelle condizioni di poterlo fare. Questo è un presupposto che vede sì la necessità di modifiche normative, ma soprattutto l’impegno, che sarà nella Legge di Stabilità, per finanziarlo. Perché è chiaro che la prima questione è avere le risorse adeguate per poterlo garantire.

D. – C’è un’importante apertura agli stranieri per includere questi giovani che vogliono dare un contributo alle comunità che li hanno accolti…

R. – Lei ha colto uno degli elementi emblematici, perché il fatto di riconoscere i giovani stranieri quali possibili attori del Servizio Civile al pari di quelli italiani, elimina l’idea che il Servizio Civile sia di natura assistenziale. Può avere caratteristiche di quel genere, ma in realtà è educazione alla cittadinanza attiva. Il secondo punto è che la stessa educazione alla cittadinanza attiva si può fare anche con le persone che spesso sono oggetto di assistenza. Quindi – come dire – il terzo settore è il luogo della parità tra cittadini.

D. – Nello specifico di questo argomento, come si concilia l’aspetto della gratuità, che è fondamentale, con l’esigenza di lavoro dei giovani?

R. – Il Servizio Civile ha due sfondi: uno è quello di avere una remunerazione minima, che non è equiparabile a quella di un contratto, ma è pur sempre un segnale importante. E poi c’è un altro aspetto molto importante: i crediti formativi. È chiaro che è un buon presupposto e un buon incentivo, ed è uno scambio – direi – sufficientemente equo tra l’impegno della persona giovane e la possibilità della sua crescita.

Si attendono ora i decreti attuativi che dovranno in particolare fugare le polemiche sulla Fondazione “Italia sociale”, definita il poltronificio di Renzi dai Cinque Stelle:  avrà il compito di attrarre finanziamenti privati, ma parte con un milione di fondi pubblici. Ancora Barbieri

R. – Quello che temiamo è che, un meccanismo oggi governato essenzialmente dalla libertà degli individui e dei soggetti – ovvero quello del donatore privato – di finanziare l’organizzazione sociale del “no profit” privata, possa diventare una mediazione pubblica. Se fosse stato introdotto prima l’emendamento relativo a questa fondazione, ci sarebbe stato modo di discuterlo meglio. È chiaro che su questo ci misureremo nella fase attuativa della norma.








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