2016-05-28 14:37:00

Protocollo contro il caporalato. Coldiretti: difende lavoro di tutti


Controlli mirati di Prefetture e nascita di un Ispettorato nazionale per contrastare sfruttamento lavorativo, lavoro sommerso e caporalato. Sono alcune misure del “Protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in Agricoltura” firmato ieri dai ministri Martina, Poletti e Alfano. Un modo per accelerare l'approdo del ddl sul caporalato dalla Commissione Agricoltura del Senato all'Aula. Lo scopo è creare una rete per istituire presidi medico-sanitari mobili, per alleviare le fatiche fisiche e promuovere servizi di tutela legale e sportelli di dialogo. Un lavoro non solo in vista della raccolta estiva. Valentina Onori ne ha parlato con Romano Magrini, responsabile lavoro della Coldiretti:

R. – Servirà a dare maggiore impulso, mettendo a disposizione risorse che serviranno a combattere il caporalato, come ad esempio mezzi di trasporto che consentano ai lavoratori di non doversi rivolgere al caporale, ma di poter andare tranquillamente al lavoro da soli; oppure villaggi e abitazioni che servano per alloggiare, per esempio nel periodo della raccolta del pomodoro, senza invece popolare baraccopoli come quelle che sono presenti a Rignano Garganico.

D. – Sono, secondo lei, misure valide?

R. – I presupposti ci sono tutti. Istituzioni e parti sociali a livello territoriale dovranno velocemente darsi da fare per trovare risposte concrete. Sono misure straordinarie che servono per dare le prime risposte.

D. – Si parla soprattutto del mezzogiorno, ma è diffuso in tutta Italia …

R. – Nel Mezzogiorno è più concentrato ed è storico. Il settore agricolo non è soltanto caporalato: è prima di tutto eccellenze del “made in Italy”.

D. – Quanto ha danneggiato il settore agroalimentare?

R. – Tantissimo. Al lavoro nero e al caporalato si collega, poi, tutto il falso “made in Italy” e quindi tutti quei prodotti che arrivano dall’estero e che diventano magicamente “made in Italy”. E’ tutto molto collegato. Se noi riusciamo invece ad avere un’etichettatura trasparente di tutta la filiera, che ci racconta l’origine di quel prodotto e come si muove lungo la filiera, questo contribuirà sicuramente e ulteriormente a combattere sia il falso “made in Italy”, ma anche il caporalato. Dobbiamo tener presente sempre una cosa: che non ci può essere un buon prodotto senza un buon lavoro, ma al contempo lo sfruttamento non riguarda soltanto i lavoratori, ma riguarda anche le imprese, perché le imprese che acquistano un kg di arance a 7 centesimi, è chiaro che vengono sfruttate da un cartello che non gli consente di stare tranquillamente sul mercato.

D. – Cioè, ha un aspetto molto più grande, il caporalato?

R. – Se lo focalizziamo solo ed esclusivamente sullo sfruttamento del lavoro, è un discorso; a questo è collegato tutto uno sfruttamento lungo tutta la filiera che sfrutta il lavoratore e tratta malissimo i lavoratori, ma dall’altra parte impone alle imprese dei prezzi da strozzinaggio, dove le imprese non riescono a pagare neanche il 50% dei costi di produzione. La presenza ieri di tutte le regioni a quel tavolo è il segnale dell’impegno che c’è da parte di tutti. Non abbiamo trasformato i lavoratori agricoli in voucheristi come invece è successo in altri settori: nel settore agricolo i lavoratori sono rimasti sempre gli stessi, anzi: sono aumentate la giornate e sono aumentati i lavoratori; in più, ci sono stati i voucher ma in una percentuale che rispetto agli altri settori è veramente infinitesimale. Hanno completato gli strumenti a disposizione del mercato del lavoro.

 








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