2016-05-30 13:13:00

Comunali Milano. Don Colmegna: partecipazione è decisiva


Conto alla rovescia per oltre 1.300 i Comuni italiani chiamati al voto il prossimo 5 giugno, con un possibile turno di ballottaggio previsto per il 19 giugno. Sono un milione i cittadini che devono scegliere il candidato sindaco, tra le città che vanno alle urne anche Milano. Sulle priorità della Chiesa in vista della scelta elettorale, Valentina Onori ha intervistato don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità a Milano:

R. – La priorità della Chiesa, di fronte a queste elezioni, è stata evidentemente quella di richiamare alcuni temi fondamentali che sono legati a tutta la pastorale e che anche Papa Francesco sta portando avanti. Quindi, un approccio di carattere solidale rispetto soprattutto al tema dell’immigrazione: c’è stata una riproposizione dei temi dell’immigrazione, che quindi entrano fortemente nella valutazione, anche se qui c’è una discriminante ancora importante. C’è tutta una ricchezza delle realtà che si impegnano dal punto di vista dell’ispirazione cristiana, che hanno posto un contributo riguardo al bene comune, guardando quindi a una cultura politica che non sia legata agli interessi privati e all’"io", e amministrare con idee. L’altro punto che ha richiamato la realtà del mondo cattolico è sostanzialmente l’area metropolitana: uno sguardo non soltanto sui confini della città, ma anche su questo allargamento. E’ su questi temi che si è impostata una realtà di rifiuto del linguaggio rancoroso, del linguaggio della contrapposizione, cercando di riscoprire invece l’anima civica, solidale, amica. Ecco, attorno a questi temi ci vuole fortemente una passione. Anche il Terzo settore si è impegnato tantissimo, non per chiedere alla politica ma per fare politica. Una politica nel senso più profondo della parola, come costruzione della polis, della cittadinanza inclusiva.

D. – Voi, della Casa della Carità, quali problemi urgenti riscontrate nei quartieri?

R. – Certamente, il tema della povertà, che si dilata e che diventa sempre più forte. Ci sono tanti problemi di solitudine: c’è una presenza degli anziani che è decisiva, chiedono di rompere la loro solitudine, di essere aiutati. Questa domiciliarietà che stiamo sviluppando all’interno della Casa della Carità credo sia molto importante. Anche qui torna la questione del territorio come luogo di confronto e di condivisione e non solo come luogo di separatezza e di chiusura.

D. – Nei sondaggi emerge una percentuale molto alta di astensionisti. E questo è proprio il sintomo di una lontananza dal mondo politico…

R. – Questa è una grande preoccupazione che abbiamo. Lo sforzo che si fa è quello di avvertire che la partecipazione è un elemento decisivo, perché se si crea scollatura – come si sta intravedendo – e disinteresse, cresce la cultura dell’indifferenza e l’indifferenza non fa bene. I poveri chiedono che ci sia una partecipazione seria, motivata, articolata. Il senso di disinteresse crea poi delle sacche di disorientamento, di abbandono, di marginalità, che però ci interroga e ci inquieta. La prima indicazione è partecipare e poi portar dentro, nelle scelte, i propri contenuti e i propri riferimenti.

D. – In questa campagna elettorale ha visto molti contenuti?

R. – Si sono solo dichiarati sullo sfondo. Non c’è stato un approfondimento… Questa è una patologia dell’esperienza amministrativa e politica che va superata. Sono i contenuti e le idee che fanno crescere lo sviluppo di una città. La Milano, che deve essere la Milano del futuro, deve accorgersi che c’è la volontà di una partecipazione per superare i limiti e le contraddizioni. Spesso c’è contrapposizione tra centro e periferia. Io credo che le periferie siano il luogo in cui la città abita, non possono accettare un rifiuto della politica e della partecipazione come un bene. Si capiscono le ragioni del rifiuto e, appunto, per questo bisogna impegnarsi molto di più a ricostruire fiducia. I giovani attendono proposte e sono capaci già di essere creativi, certo con modalità diverse: i vecchi canoni dell’aggregazione vengono saltati. Il paradosso che continuamente dico: se si pone al centro il tema della sofferenza, della vulnerabilità, della povertà, per superarla e per mettere elementi di condivisione, noi creiamo sviluppo. Non è assistenzialismo e cronicizzazione dei problemi. Milano ha bisogno di una politica che risponda a questo grande patrimonio di esperienze di società civile. Bisogna ricostruire la fiducia.

D. – Voi, come Casa della Carità, cercate di superare questa separazione tra "azione e riflessione" come ribadite nel vostro sito. La politica aiuta in questo?

R. – La coniugazione tra spirituale, capacità mistica e politica ha bisogno di un altro versante della politica. Io credo che abbiamo bisogno di interventi per non andare solo nelle polemiche da talk-show e televisive, nelle battute e apprendere dai giornali e dai titoli delle contrapposizioni. La politica deve anticipare: se segue i sondaggi semplicemente non è una politica rischiosa, una politica coraggiosa. Dobbiamo approfondire, dobbiamo stare sui problemi.








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