2016-05-30 14:31:00

Manzione: sì a distribuzione più capillare degli immigrati


Il premier Renzi afferma che il numero degli arrivi è in sostanza in linea con quelli dell’anno scorso. Nel frattempo, il governo prosegue il piano di collocamento di migranti in 80 province. Alessandro Guarasci ha sentito il sottosegretario all'Interno con delega all'immigrazione, Domenico Manzione:

R. – I numeri sono obiettivamente, grossomodo, in linea con quelli dell’anno passato, perché allo stato attuale abbiamo avuto circa 46mila 600 sbarchi. L’anno passato erano 45800. Quindi la differenza è veramente minima. Nell’ultima settimana abbiamo avuto una concentrazione piuttosto significativa. Per farle avere  un’idea, siamo arrivati a circa 13.700 sbarchi, che sono la media di duemila sbarchi al giorno. Una cosa non indifferente, insomma. Quella circolare sulla distribuzione per provincia, di cui tanto si parla oggi, delle 70 persone per provincia, è legata a questo tipo di impennata, cioè all’impennata concentrata nella settimana. Il piano, di cui invece dobbiamo discutere con l’Anci e con il quale siamo a buon punto e speriamo, quanto prima, di poter ufficializzare, prevede una distribuzione molto più capillare all’interno del sistema comunale, della territorialità comunale, in buona sostanza. Ed è un modo, che noi speriamo ovviamente di poter accompagnare con una serie di incentivazioni, per consentire agli 800 comuni su 8 mila che fanno accoglienza di poter diventare un numero molto più significativo.

D. – Quali sarebbero questi incentivi, perché finora hanno accolto molto i Comuni del Sud e poco quelli del Nord...

R. – I Comuni del Sud, però, sono in realtà la front line. E’ quasi impossibile quindi per loro non fare accoglienza, per l’ottima ragione che il flusso, che per noi arriva principalmente dalle coste della Libia anche se dall’Egitto c’è stato un consistente aumento negli ultimi tempi, arriva comunque sulle regioni meridionali. Dopo di che, in base al solito accordo che abbiamo fatto nel 2014, c’è una redistribuzione su tutto il territorio nazionale che tiene conto delle quote. Quindi è una distribuzione equa, secondo il reparto del Fondo sociale. Una prima mossa noi l’abbiamo fatta, sostanzialmente eliminando le spese Sprar a carico dei Comuni, portando cioè il contributo dei Comuni per il servizio Sprar ad un minimo del 5 per cento. Noi speriamo di poter fare anche qualcosa di più appena saremo in grado di poter quantificare anche l’intesa con il Mef. Non per dare un premio a chi fa accoglienza o viceversa per non darlo a chi l’accoglienza non la fa, ma solo per creare le condizioni ideali perché l’accoglienza possa essere il primo passo verso poi una successiva integrazione.

D. – Per chiudere, l’Europa in più di qualche occasione ha criticato l’Italia per l’esiguità dei cosiddetti hot spot. A che punto stiamo?

R. – Gli hot spot ci sono e sono operativi tutti e quattro, quelli che abbiamo identificato. A mio modo di vedere, non c’è nessuna difficoltà eventualmente ad ipotizzarne altri. L’importante, però, è intendersi sul significato, perché per noi in assenza di una più precisa regolamentazione di carattere europeo, hot spot significa semplicemente luogo dove le persone vengono identificate, dopo di che per noi entrano in regime ordinario di accoglienza.








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