2016-05-30 14:14:00

Nigeria: dopo un anno di presidenza Buhari, Boko Haram arretra


Circa 11.600 prigionieri liberati e diverse aree del Paese ritornate sotto il controllo governativo. Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha diffuso un documento che fa il bilancio della lotta al gruppo terroristico Boko Haram, dopo un anno dal suo insediamento. Il gruppo islamista si è ritarato da molte aree del nordest del Paese grazie all’azione della forza multinazionale della regione. Tuttavia, si segnalano nuove violenze nella città di Biu, dove sei persone sono morte a seguito di un attacco ad un checkpoint. Marco Guerra ne ha parlato con l’africanista redattore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi, Enrico Casale:

R. – Io ritengo ci sia stato un cambio di passo nella lotta al terrorismo. La minaccia di Boko Haram era veramente forte, soprattutto negli ultimi mesi della presidenza di Obasanjo. Guay, nel momento in cui si è insediato, ha subito promesso interventi decisi contro la diffusione di questo movimento. La collaborazione tra gli Stati della regione ha certamente dato un contributo molto forte a questa lotta. Il coordinamento tra le forze armate del Camerun, della Nigeria, del Niger, del Ciad ha sicuramente ristretto il campo di azione di Boko Haram. Detto questo, Boko Haram non è ancora sconfitta.

D. – Infatti, anche in questi ultimi giorni c’è stato un attentato con almeno sei vittime. Ma qual è lo stato di salute di Boko Haram?

R. – In realtà, non si conosce di fatto lo stato di salute di Boko Haram. Si sa che qualche settimana fa il suo leader ha annunciato di voler abbandonare la lotta armata. Probabilmente, ci sono delle tensioni interne a Boko Haram. Va detto, però, che questo movimento jihadista non opera da solo, ma opera all’interno di un network più grande che è il network dell’Is, del Daesh, cioè dello Stato islamico, quindi ha anche a disposizione risorse che gli permettono di poter continuare. La relazione tra l’Is e Boko Haram è dimostrata anche dal fatto che proprio oggi Kobler, il delegato dell’Onu che si occupa della Libia, ha parlato di membri nigeriani, di Is, che lavorano a Sirte e nel Sud della Libia. C’è, quindi, un network, delle collaborazioni, che rendono più difficile il contrasto a questo movimento.

D. – Tanti prigionieri liberati, abbiamo detto, ma delle 200 studentesse per le quali si è mobilitata l’opinione pubblica mondiale – ricorderemo il motto “Bring back our girls” – ancora non si sa niente…

R. – C’è un mistero su queste ragazze. Recentemente, ne sono state liberate due e si sa che alcune di queste studentesse sono state impiegate come schiave dai miliziani di Boko Haram. Le loro condizioni certamente non sono delle migliori. Si aspetta appunto di conoscere meglio il loro destino nelle prossime settimane. Una di queste ragazze, se non vado errato, ha dichiarato di essere stata violentata più volte, tanto che è rimasta addirittura incinta. Vengono utilizzate, quindi, come schiave sessuali e non solo.

D. – L’arretramento di Boko Haram può far sperare per il processo di pacificazione della Nigeria, di questo Paese che, comunque, è diviso in due anime, cristiani e musulmani?

R. – Certamente, può far sperare in una pacificazione, anche se non imminente – lo ripeto – delle aree del nordest della Nigeria. A questo va anche aggiunto il fatto che, se a nord l’offensiva sta producendo i primi piccoli risultati, si stanno riaccendendo a sud quelle tensioni che sembravano sopite, soprattutto nel Delta del Niger, quei movimenti che lavorano contro, operano contro le grandi multinazionali che estraggono idrocarburi in quella regione. Se è vero, quindi, che al nord ci sono piccoli spiragli, il rischio è che la guerriglia si riaccenda a sud. La speranza è che Guay riesca a tenere insieme il Paese e a pacificarlo interamente.    








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