2016-05-30 14:55:00

Allarme super batterio, Rezza: investire in nuovi antibiotici


Un nuovo batterio immune da qualsiasi antibiotico è stato individuato nelle urine di una paziente di 49 anni negli Stati Uniti. Non è ancora stato fatto trapelare lo stato di salute della donna su cui persino la colistina, l’antibiotico più potente finora esistente, non ha avuto effetto. Ma la preoccupazione degli scienziati è che il gene mcr-1, che rende il batterio resistente alla colistina, possa trasmettersi ad altre specie già resistenti ad altri trattamenti. La notizia, pubblicata nei giorni scorsi sulla rivista della Società americana di microbiologia, ha fatto il giro del mondo provocando già primi segnali di allarmismo. Secondo l'Associazione dei microbiologi italiani, la minaccia legata allo sviluppo dei super batteri capaci va presa con la massima attenzione. Sui rischi per la salute pubblica Daniele Gargagliano ha chiesto il parere di Giuseppe Rezza, epidemiologo dell'Istituto superiore di sanità di Roma:

R. – Questo che viene dagli Stati Uniti è l’ultimo di una serie di allarmi; il primo caso di resistenza a tutti i farmaci e soprattutto alla colistina è stato identificato qui. In Europa c’erano già stati dei casi sporadici di resistenza toltale agli antibiotici non solo per quanto riguarda il coli, ma anche per quanto riguarda un pericoloso germe che infesta – purtroppo - le unità di terapia intensiva, la Klebsiella, anche più aggressiva rispetto al coli. Avere una resistenza nei confronti della colistina, che spesso rappresenta l’ultima spiaggia per quanto riguarda il trattamento di batteri multi-resistenti agli antibiotici, certamente è un segnale di allarme. Questo non vuol dire però che si stia diffondendo un’epidemia da batteri resistenti alla colistina; vuol dire semplicemente che da alcuni anni c’è un trend negativo che vede un aumento delle resistenze agli antibiotici da parte di quei batteri cosiddetti gram negativi che sono quei batteri che tendono ad aggredire persone fragili che si trovano nei reparti critici degli ospedali. Cosa si deve fare? Si deve, innanzitutto, favorire un uso appropriato degli antibiotici; non vanno abusati non vanno usati male, quando devono essere usati devono esser usati bene! Seconda cosa: applicare rigide misure di controllo dell’infezione in ambiente ospedaliero, lavarsi spesso le mani in terapia intensiva, nei centri trapianti, quando si passa da un paziente all’altro per evitare di diffondere questi germi. Terza cosa: favorire la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici, è importante.

D. - Non sembra profilarsi un reale pericolo e soprattutto di un’epidemia di questo batterio ….

R. - Questo non credo, però c’è ormai una situazione di epidemia strisciante, di resistenza agli antibiotici che va avanti da molti anni e che bisogna contrastare molto duramente.

D. - Potrebbe esserci una volontà nel ridefinire anche il mercato degli antibiotici?

R. - Da anni diciamo che si è fatta poca ricerca e sviluppo di antibiotici soprattutto nei confronti di questo tipo di batteri come il coli, la klebsiella che dà gravi polmoniti, lo pseudomonas, tutti batteri che proliferano in ambiente ospedaliero e che proprio qui vanno ad aggredire le persone più deboli più fragili e immunodepresse. Per cui sicuramente è importante fare ricerca e sviluppo su nuovi antibiotici e cercare di aumentare l’armamentario che abbiamo nelle nostre mani.








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