2016-05-31 14:39:00

Siria: bombe su ospedale di Idlib, almeno 27 i morti


In Iraq e Siria si sta sviluppando la massiccia controffensiva degli eserciti locali contro il sedicente Stato Islamico coinvolgendo anche la popolazione civile. Nella città siriana di Idlib sono morte almeno 27 persone, tra cui anche bambini, sotto i raid delle forze aree russe in un ospedale della città. A denunciarlo è l’Osservatorio nazionale siriano per i diritti umani. Intanto in Iraq continuano gli scontri tra l’esercito e i combattenti dell’Is per il controllo sulla roccaforte jihadista. Il servizio di Daniele Gargagliano:

L'aviazione russa avrebbe usato bombe a grappolo nei suoi ultimi attacchi a Idlib, dove nelle scorse ore sono stati colpiti due ospedali, con un bilancio che parla di oltre 25 morti e di 200 feriti, per la maggior parte donne e bambini. A denunciarlo sono gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani che hanno rivelato come tra gli obiettivi dei raid russi ci fossero anche l'ospedale nazionale e quello di 'Avicenna'. L’aviazione russa, secondo gli attivisti, avrebbe concorso all’uccisione di 2100 civile negli ultimi 8 mesi: di cui 500 erano bambini. Accuse respinte al mittente dal ministero della Difesa russo che smentisce gli attacchi aerei sul nosocomio di Idlib. “Chiediamo di trattare più criticamente qualsiasi storia terribile”, hanno fatto sapere fonti ufficiali del ministero.

Intanto sull’altro fronte, quello iracheno, continua la battaglia per liberare Falluja dai combattenti del sedicente Stato islamico. Quattro ore di scontri con l’esercito regolare nella parte Sud della città i militanti hanno usato tunnel, cecchini e autobombe nell'assalto lanciato ma sono stati fermati prima di raggiungere il loro obiettivo. Intanto il Patriarca caldeo Louis Sako ha lanciato un appello per la riconciliazione e la pace nella regione in occasione dell'Anno giubilare della Misericordia e del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico.

Sui conflitti in corso in Siria ed Iraq il commento del ricercatore del Cesi, Gabriele Iacovino:

R. – In questo momento le forze russe stanno cercando di supportare le operazioni terrestri dell’esercito lealista siriano contro gli insorti, soprattutto nella regione Nord. Se da una parte la strategia russa è chiara ed è cioè quella di sostenere il regime di Assad, dall’altra utilizza dei metodi poco ortodossi se vogliamo: quelli cioè di andare a colpire indiscriminatamente sia le milizie che combattono contro il regime, sia i civili che rimangono intrappolati in questa guerra civile, che tormenta il Paese da ormai troppo tempo. Dall’altra parte, abbiamo visto - negli ultimi giorni - come anche l’impegno americano sia incrementato in Siria a supporto di fazioni che sono, più o meno, contro il regime… Lo scacchiere siriano si sta ancora di più complicando e quello che sembrava in passato un tentativo di cercare di risolvere la crisi attraverso un negoziato, sembra sempre più lontano.

D. – L’Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia la violazione degli accordi alle risoluzioni da parte delle forze russe…

R. – Sono di fatto dei metodi militari che non corrispondono a tutta la dottrina di diritto internazionale che dovrebbe – appunto – regolare i conflitti. Questo perché la guerra siriana è, sempre di più, una guerra in cui tutti i mezzi sono leciti per cercare di far prevalere la propria posizione rispetto a quella dell’avversario. In questo senso non aiuta un immobilismo della Comunità internazionale, che – volente o nolente – non riesce a trovare un filo conduttore per portare avanti un processo di dialogo compiuto. Anche perché l’opposizione al regime di Assad è così sfaccettata, così divisa anche al proprio interno e caratterizzata da diverse problematiche, come la presenza di gruppi jihadisti, che è difficile cercare un reale negoziato.

D. – Intanto il presidente turco Erdogan attacca la Russia, accusandola di aver inviato armi al Pkk…

R. – In questo scenario così complesso della crisi siriana, c’è anche l’incognita curda che viene utilizzata da alcuni attori piuttosto che da altri, per portare avanti le proprie istanze. I turchi sono sempre attenti affinché le posizioni curde non vengano troppo rafforzate. Tutto questo può andare a complicare ulteriormente la crisi perché, in questo momento, sì c’è una lotta tra il regime e l’opposizione, ma nel momento in cui una posizione prevarrà sull’altra ci sarà poi la questione curda da risolvere, che è un ulteriore punto interrogativo sul futuro del Paese.

D. – A proposito di curdi, parliamo di Iraq: le forze curde sono in espansione e stanno cingendo l’assedio, assieme all’esercito iracheno, a Falluja; ma sono anche spinte a Mosul e continua la battaglia: quale ruolo potranno avere?

R. – Soprattutto per la battaglia di Mosul, un ruolo importante perché di fatto Mosul è sempre stato il confine tra l’autorità curda e l’autorità del governo centrale di Baghdad. Quindi anche la ripresa, la futura possibile ripresa di Mosul sarà un ulteriore probabile territorio se non di scontro, comunque di frizione tra Erbil, la capitale curda, e Baghdad, la capitale irachena. Anche per questo, in questo momento, l’avanzata irachena contro il sedicente Stato Islamico a Mosul è, in un qualche modo, messa in stand-by: il governo centrale non vuole che l’avanzata sia condotta dai peshmerga, dalle truppe curde, ma vuole aspettare che il proprio esercito sia pronto per intraprendere una operazione così difficile.








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