2016-06-03 13:00:00

A Lampedusa il Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo


L’Italia e l’Europa sono debitrici a Lampedusa, il volto migliore del continente, che non si può lasciare da sola. Lo ha detto il presidente italiano Sergio Mattarella, ieri in visita sull’isola siciliana per l’inaugurazione del Museo archeologico delle Pelagie e del Museo della Felicità e del Dialogo per il Mediterraneo, dedicato ai migranti morti nel tentativo di arrivare sulle coste europee. Il Mediterraneo non può essere un cimitero, ha proseguito Mattarella, che ha lodato il migrants compact e che poi, a sorpresa, si è recato sull’hotspot dell’isola. Il presidente ha poi fatto un riferimento a Favour, la bimba di nove mesi nigeriana arrivata in Italia senza nessuno, dicendo che ormai è necessariamente italiana. E' un titolo carico di speranza quello di Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo. Ce ne parla Francesca Sabatinelli:

Un luogo di memoria, di incoraggiamento, di sollecitazione, laddove si incontrano l’arte alta, proveniente dagli Uffizi di Firenze e dal Museo Nazionale del Bardo di Tunisi, e l’arte fatta di ricordi delle migliaia di persone che nel Mediterraneo la vita l’hanno persa e la perdono ancora. L’iniziativa nasce nel Museo archeologico delle Pelagie, dove resterà fino al 3 ottobre, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, in ricordo delle centinaia di migranti che nel 2013 morirono in un naufragio al largo dell’isola siciliana. A volere fortemente l’esposizione sono stati il sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini, la fondazione Giovanni e Francesca Falcone e la Onlus Comitato 3 Ottobre, nata per promuovere l’apertura di corridoi umanitari. Valerio Cataldi è un giornalista Rai e tra i promotori del Comitato 3 Ottobre:

R. – Il progetto nasce con l’intenzione di costruire ponti culturali sul Mediterraneo che congiungano le due sponde. I due Enti museali primari di questo operazione sono: la Galleria degli Uffizi  (Firenze ndr) e la Galleria del Bardo di Tunisi. Attraverso questi due Enti abbiamo voluto costruire ponti culturali che ci consentissero di scoprire le radici comuni che abbiamo nel Mediterraneo e, allo stesso tempo, porre al centro di questo dialogo Lampedusa. Lampedusa è già fisicamente e geograficamente al centro del Mediterraneo, ma è anche al centro dei flussi migratori. E questo non è un fatto secondario. Il museo avrà in esposizione un’opera importantissima, L’Amorino dormiente di Caravaggio, che arriva dal Museo degli Uffizi; al contempo, accanto alle opere, avrà degli oggetti di vita quotidiana appartenuti a 52 persone che sono morte soffocate nella stiva di un barcone la scorsa estate e che tra l’altro sono le stesse persone raccontate nella parte finale di Fuocoammare, docufilm di Gianfranco Rosi, e poi ancora i disegni di Adal, un ragazzo eritreo scappato dal suo Paese nel 2005. Il giovane, poi, da Malta era stato riportato indietro, dove è stato imprigionato e dove ha disegnato le torture che ha subito. Questo è un documento unico, perché non c’è altra testimonianza visiva di quelle torture, tanto che le Nazioni Unite hanno acquisito quei disegni nella relazione di condanna del regime eritreo. Ci sono anche i disegni di Sherazade, una bambina siriana chiusa nel campo di Idomeni. Li esponiamo insieme all’'arte alta', perché vogliamo fare questo parallelo e affermare che i ponti culturali sono fondamentali per unire le sponde del Mediterraneo, ma che è anche necessario costruire corridoi umanitari per consentire alle persone che si mettono in mare, e rischiano la vita per raggiungere l’Europa, di evitare questa roulette davvero molto pericolosa: ne muoiono a migliaia ogni anno.

D. - Opere d’arte come strumenti culturali per favorire il dialogo tra le due sponde e come sollecitazione umana affinché si cerchi di capire a fondo il dramma di queste persone. In controtendenza, però, con quella che invece è la linea di condotta dell’Europa, che il discorso dei corridoi umanitari sembra averlo scartato sin dall’inizio …

R. - L’operazione vuole avere esattamente questo come obiettivo, sollecitare e stimolare l’Europa e chi deve prendere decisioni ad alto livello, per far vedere che c’è la possibilità di costruire un dialogo e quindi trovare il modo di capire chi sono queste persone e rendersi conto di quali sono le realtà dalle quali scappano impossibili da ignorare. Quello che vogliamo fare è fondamentalmente coinvolgere le scuole, insegnare ai ragazzi e aiutarli a capire chi sono queste persone, perché scappano. Vogliamo evitare che la paura diventi l’unico metodo di valutazione non solo per i ragazzi, ma per tutta la società.








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