2016-06-08 12:11:00

Giornata degli oceani. Papa: proteggiamoli, sono bene di tutti


“Proteggiamo gli oceani, che sono beni comuni globali, essenziali per l’acqua e la varietà di esseri viventi!”. E' il messaggio che Papa Francesco ha lanciato via Twitter dal suo account @Pontifex, in coincidenza con l'odierna Giornata mondiale degli oceani. Ogni anno, vengono prodotte circa 311 milioni di tonnellate di plastica, di cui tra i 4,9 e i 12,7 milioni finiscono nei mari e negli oceani.  “Purtroppo esistono due isole oceaniche di spazzatura, prevalentemente di plastica, che sono grandi quanto la Spagna”, afferma Francesco Venerando Mantegna, direttore di "Maris" (Monitoraggio ambientale e ricerca innovativa strategica)  e membro del Consiglio scientifico Ispra. Gioia Tagliente lo ha intervistato:

R. – A differenza dei rifiuti galleggianti di origine biologica, che sono smaltiti spontaneamente dagli oceani per effetto naturale della biodegradazione delle acque, i materiali plastici, presenti in queste grandi isole di rifiuti oceanici, non sono biodegradabili. Anzi, la plastica si fotodegrada: ovvero si disintegra in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri. Questi hanno un portamento idrostatico simile a quello del plancton, con l’ovvia ingestione da parte degli animali marini, e quindi con l’introduzione di plastica nella catena alimentare. Purtroppo, abbiamo due grandi isole oceaniche di spazzatura, prevalentemente formata da plastica, che sono grandi quanto la Spagna, sia nell’oceano Pacifico che nell’Atlantico. E questo è davvero un problema, rispetto al quale stiamo cercando di trovare delle soluzioni per il recupero meccanico della materia plastica, la gran parte della quale può essere restituita alla dimensione dei polimeri, e poi immessa in processi industriali con tecnologie particolari.

D. – Un recente studio giapponese ha isolato un batterio capace di divorare la plastica: potrebbe essere una scoperta in grado di cambiare le sorti degli oceani?

R. – Ci sono delle sperimentazioni di applicazione di questo batterio, che è stato ritrovato grazie alle ricerche del Kyoto Institute of Technology. Il batterio è denominato “Ideonella sakaiensis 201-F6”; pare che sia effettivamente in grado di scomporre e divorare totalmente una pellicola sottile di Pet nell’arco di alcune settimane: si parla di circa cinque-sei. Si rendono necessarie delle verifiche, ma la scoperta giapponese potrebbe rivelarsi effettivamente di grande interesse; lo potremo dire tra qualche mese.

D. – Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, il referendum abrogativo sulle trivelle non ha raggiunto il quorum: come mai? Le trivelle rappresentano davvero una minaccia di disastro ambientale?

R. – Tutte le attività dell’uomo, soprattutto per quanto riguarda i sistemi oceanici, rappresentano un potenziale rischio. Io però farei delle opportune distinzioni. Se dovessimo mettere in sequenza i rischi per l’inquinamento marino, questi sono sicuramente: intanto, gli scarichi e le accumulazioni di materie solide, e in particolare delle plastiche; gli scarichi delle navi per l’intenso traffico navale; gli scarichi urbani e industriali; gli scarichi di idrocarburi; immissioni di pesticidi utilizzati nell’agricoltura intensiva; e incidenti petroliferi. E poi c’è un fenomeno importante, l’eutrofizzazione, che consiste nell’arricchimento di sostanze nutritive delle acque, che portano ad una proliferazione incontrollata, spesso di alghe e piante acquatiche. Le conseguenze sono pesanti: in primo luogo, l’impoverimento delle risorse ittiche che riduce la biodiversità. In tutto ciò, l’Italia – purtroppo – vanta un triste primato sulle emissioni inquinanti. Le trivelle sicuramente rappresentano un potenziale rischio, ma è comunque inferiore agli altri che coinvolgono la sicurezza dell’inquinamento negli oceani.

D. – Quali sono le nuove tecnologie e innovazioni per combattere l’inquinamento negli oceani?

R. – Esistono sicuramente dei rimedi, ma questi si rivolgono soprattutto alla prevenzione e al controllo preventivo degli inquinamenti. Quindi, partendo anche dal controllo degli sversamenti di idrocarburi in mare, ci sono ormai intere letterature che possono parlare di questo e dei rimedi possibili. Si tratta semplicemente di essere più in equilibrio: convivere con le risorse, e farlo però in maniera razionale.








All the contents on this site are copyrighted ©.