2016-06-08 13:09:00

Sudan-Sud Sudan: al via colloqui per risolvere dispute bilaterali


Sono soprattutto due le controversie bilaterali, ritenute assai spinose, attorno alle quali da domenica sono riuniti Sudan e Sud Sudan, che hanno avviato colloqui a Khartoum. Attorno al tavolo si trovano i ministri degli Affari esteri, della Difesa, degli Interni e del Petrolio di entrambi i Paesi. Francesca Sabatinelli ha intervistato Enrico Casale, della rivista Africa dei Padri Bianchi:

R. – Sul tavolo ci sono due questioni grosse, tutte e due legate allo sfruttamento delle risorse petrolifere. Una è lo status dello Stato di Abyei, che è uno Stato confinante - tra il Sud Sudan e il Sudan - del quale non è ancora stata definita l’appartenenza, ma che è ricchissimo di risorse petrolifere. La seconda, sono le royalties che il Sud Sudan deve pagare al Sudan per poter esportare il proprio petrolio. Il Sud Sudan non ha uno sbocco al mare, quindi deve per forza convogliare il petrolio in un oleodotto che da Port Sudan, attraverso il Mar Rosso, può essere esportato nel resto del mondo. Il nodo vero è quanto deve pagare di royalties al Sudan per ogni barile esportato. Questo è un nodo importantissimo, perché da questo dipende il futuro stesso del Sud Sudan.

D. – Sappiamo che stiamo parlando, nel caso del Sud Sudan, di uno dei Paesi più poveri del mondo. In che modo potrebbe affrontare la spesa del passaggio per poi comunque rientrare dei soldi?

R. – Le ipotesi sono due: o continua a servirsi di questo oleodotto o ne costruisce uno nuovo, che invece di andare a Nord viaggia verso Sud. Si è anche parlato di questo. L’ipotesi è quella di creare un oleodotto che dal Sud Sudan porti il petrolio fino al Kenya. In questo potrebbe essere avvantaggiato anche dal fatto che l’Uganda stessa, in questo momento, sta creando delle infrastrutture, essendo stato trovato del petrolio nel Lago Alberto e non avendo, come il Sud Sudan, lo sbocco al mare. Anche per Kampala, quindi, è necessario trovare un accordo con i Paesi confinanti - nel caso dell’Uganda con il Kenya o con la Tanzania - per poter esportare il proprio petrolio.

D. – Sembra una situazione abbastanza difficile da sbrogliare e rimane il fatto, però, appunto, che il Sud Sudan è un Paese in ginocchio economicamente…

R. – Certamente, perché il Sud Sudan è lo Stato più giovane del mondo. E’ nato nel 2011, ma già nel 2013 è scoppiata una guerra civile tra il Presidente Salva Kiir e il suo vice, Riek Machar. Questa guerra ha messo in ginocchio il Paese, uccidendo migliaia di persone, è anche difficile fare un bilancio, e soprattutto costringendo centinaia di migliaia di persone a fuggire dalle proprie abitazioni per andare in altre regioni più tranquille o addirittura per recarsi all’estero. Il Paese, quindi, in questo momento, è ad un punto zero, cioè deve ripartire da zero, per creare un minimo di benessere per la propria popolazione.

D. – A questi colloqui con Khartoum, Juba ci arriva più forte sicuramente di poco tempo fa, se non altro è stato dato vita ad un governo di unità nazionale, che ha rimesso la pace tra Salva Kiir e Machar…

R. – Sì, si è creato questo governo di unità nazionale in cui Riek Machar è stato nominato vice Presidente. Questo, quindi, dovrebbe dare maggiore stabilità politica al Paese, certamente una maggiore unità, soprattutto nei rapporti con i Paesi confinanti. Teniamo presente una cosa però, questo governo è certamente un passo in avanti, ma non è detto che risolva completamente i problemi sul territorio, perché molte milizie, che pure rispondevano in senso generale al Presidente, al vice Presidente, poi di fatto si muovono sul territorio in modo autonomo e quindi potrebbero creare ancora instabilità in un prossimo futuro.








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