2016-06-15 12:12:00

"L'attesa", l'Albania dalla dittatura all'abbraccio del Papa


E’ stato proiettato ieri sera in concorso al TaorminaFilmFest il documentario “L’attesa” del regista albanese Roland Sejko: mentre Papa Francesco è in volo verso l’Albania, atteso da migliaia di fedeli, sotto le nuvole scorre la tragica storia di quel Paese, per cinquant’anni costretto da una spietata dittatura a praticare l’ateismo di Stato. Il servizio di Luca Pellegrini:

Gettare a terra le campane “per non disturbare la quiete”, chiudere tutte le scuole, i collegi, i conventi. Infine, "alzarsi con portamento rivoluzionario contro Dio preparandosi alla distruzione materiale delle chiese e delle moschee". Nel 1946, l’Albania cadde in un baratro, il dittatore che la governa, Enver Hoxha, in un delirio d'onnipotenza, con quel proclama decide di instaurare il culto della propria personalità, di Stalin e della Nazione sottoponendo un intero popolo ai ferrei principi di un comunismo spietatamente ateo. I filmati dell’epoca sono in bianco e nero, ma sopra le nuvole brilla il sole, mentre un aereo si avvicina a quella terra, che da parecchi lustri attende quella visita. E' Papa Francesco. Roland Sejko ha scritto e diretto un film avvincente, denso di contrasti. Gli abbiamo chiesto da dove è nata l’idea del film:

R. – Il film nasce dall’annuncio di Papa Bergoglio che sceglie l’Albania per il suo primo viaggio apostolico in Europa e dalla sua frase con cui motiva le ragioni per le quali ha scelto l’Albania: “Vado a visitare un popolo che ha a lungo sofferto le ideologie del passato”. Da questa sua frase, io ho pensato che si sarebbe potuto raccontare il viaggio del Papa, raccontando proprio le radici della sua scelta e raccontando un po’ la storia della persecuzione del clero cattolico in Albania, utilizzando proprio il viaggio del Papa come un punto di partenza. Il film, alla fine, è proprio questo: è il viaggio del Papa che parte e con lui praticamente viaggiano anche 45 anni di storia dell’Albania sotto il comunismo.

D. – Il suo film è costruito sulla storia parallela di due protagonisti.

R. – Sì, la storia raccontata alla fine doveva essere trovata in due simboli. Dopo una lunga ricerca li ho identificati nella storia di un frate francescano che era stato per 26 anni nelle carceri comuniste e nel luogo di culto, la cattedrale di Scutari, la più grande dei Balcani, nella sua storia di trasformazione, dalla sua fondazione fino alla sua vita religiosa, con tutti i riti prima del comunismo e poi la sua trasformazione in Palazzo dello Sport e addirittura in un Palazzo dei Congressi, in cui alla fine entra anche Hoxha stesso, come a sostituire non soltanto il tempio di cui si erano appropriati, ma anche del Dio di cui si erano appropriati con la nuova ideologia marxista.

D. – Proprio padre Zef Pllumi è il testimone della persecuzione…

R. – La furia del comunismo si abbatte su tutte le religioni, ma con un accanimento ancor maggiore sulla religione cattolica. Già con l’arrivo dei comunisti, nel ’44, i cattolici del nord, tutti i seminaristi gesuiti e i francescani vengono accusati di collaborazione e di qualsiasi altra cosa, fabbricando addirittura le prove... Padre Zef Pllumi è testimone: lui era un seminarista all’epoca, nel Convento dei Francescani, ed è testimone fin dall’inizio di questa furia. Il suo racconto è veritiero, è sentito e fin dall’inizio capiamo che contro il cattolicesimo c’è stata una lotta molto più forte.

D. – Lei ha affermato che il ritorno del cristianesimo fu un trauma, ma avvenne anche in modo sorprendentemente veloce...

R. – La prima Messa – nel novembre dell’89 – è celebrata a Scutari: si nota immediatamente una partecipazione di massa. E’ stato, questo, forse, il primo segnale del cambio di regime. Credo sia stato il primo segnale della caduta del comunismo in Albania. Adesso, sicuramente c’è una normalità nelle religioni e quella normalità è espressa nella caratteristica che ha sempre fatto parte della nazionalità albanese, che è quella della coesistenza di tutte le religioni insieme.








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