2016-06-15 15:09:00

Soddisfazione per l'approvazione della legge "Dopo di noi"


Grande soddisfazione da parte delle associazioni che si occupano di disabilità e delle famiglie con figli portatori di handicap, per il via libera definitivo ieri alla Camera, della legge sul cosiddetto “Dopo di noi”, che prevede misure per migliorare la vita delle persone con grave disabilità, in assenza di sostegno familiare. La legge approvata stanzia in tre anni un fondo nazionale di 150 milioni di euro per la realizzazione di diversi progetti di residenzialità. Al microfono di Adriana Masotti, il commento di Emilio Rota, presidente della Fondazione “Dopo di noi” dell’Anffas Onlus, Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva o relazionale:

R. – Finalmente, dopo tanti anni, siamo riusciti ad ottenere un testo di legge che apre un mondo, un mondo nel quale la famiglia può riprendere in mano le redini anche del futuro della persona con disabilità. Come? Facendo delle scelte diverse da quelle che erano obbligate nel passato. Per tanti anni la soluzione qual era? La soluzione era la struttura residenziale e tradizionale, quindi anche con delle difficoltà oggettive di approccio proprio in termini di qualità di vita. Oggi, invece, diciamo alle famiglie: hai una casa, hai un appartamento o c’è l’appartamento della nonna; tuo figlio desidera andare a vivere con degli amici, benissimo! Vuole rimanere in casa? Rimane in casa e ci si organizza. Vuole fare del cohousing con altre persone? C’è tutta una questione diversa rispetto al passato. Le parole del Papa sono stati illuminanti, quando parla di persone separate, segregate in un qualche recinto, magari dorato, degli assistenzialismo, cioè questo era un po’ il problema che noi abbiamo voluto rimuovere.

D. – Secondo lei, il fondo nazionale di 150 milioni di euro, che verranno stanziati in tre anni, è sufficiente per dare risposte a tante persone? Questo sarà un fondo che poi verrà ricostituito?

R. – I fondi non sono mai sufficienti, però è una buona partenza. Noi ci auguriamo che superati i tre anni questo venga ricostituito e che diventi elemento essenziale per il proseguimento di queste azioni. I soldi non sono mai molti, però dobbiamo anche confrontarci col fatto che con questa legge attiviamo anche una serie di processi, in cui richiamiamo la famiglia, coinvolgiamo la famiglia e anche il privato sociale affinché intervenga e sostenga – con opportuni interventi – la parte statale che deriva dai fondi. In altre parole: con un sistema di assicurazione, ad esempio, la famiglia può costituire un vitalizio, che costruito durante gli anni del “durante noi” permetta poi alla persona al momento del “dopo di noi” di avere un gruzzoletto e quindi di poter in parte sostenere quelli che sono i suoi reali bisogni. Quindi, rimettiamo in movimento un concetto che era stato un poco dimenticato, che è quello che sia giusto che le famiglie prendano le redini della situazione, compresa anche quella economica.

D. – Naturalmente, perché tutto questo possa avvenire, ci vuole poi un’applicazione reale della legge?

R. – Assolutamente. I fondi ci sono e verranno distribuiti alle Regioni: adesso tocca a noi seguire con attenzione che le Regioni e le istituzioni in generale facciano quello che è giusto: quindi ridistribuire questi fondi a fronti di progetti che abbiano la valenza che la legge prevede. Comincia adesso la vera fase importante, perché le Regioni e gli Enti locali devono agire in modo coerente rispetto allo spirito della legge. Il cambiamento epocale, il cambiamento di cultura è proprio questo: mettiamo al centro la persona e facciamo in modo che la persona e la sua famiglia scelgano il futuro.

Una legge che colma un vuoto di civiltà che riguarda più di due milioni di famiglie italiane. Così Gianluca Nicoletti, scrittore, giornalista e conduttore radiofonico Rai che a lungo si è impegnato per l’approvazione di una legge sul “Dopo di noi”. Lo sentiamo al microfono di Adriana Masotti:

R. – Ho chiesto e abbiamo chiesto tanto tutti noi genitori che abbiamo un figlio disabile grave di area intellettiva. Sono loro che, in realtà, hanno più bisogno di tutela, essendo totalmente incapaci di badare a se stessi. Immagini che in questo momento, in cui lei mi sta chiamando, sto andando a lavorare e ho dietro con me mio figlio Tommy, che ha 18 anni ed è un gigante. Non avrei alternative, infatti, ora: non posso organizzare tutta la giornata di mio figlio. Quindi, una legge che mi dia degli strumenti e degli aiuti, per cominciare a pensare, finché ancora sono vivo e cosciente, a quale potrebbe essere un futuro dignitoso per mio figlio, senz’altro mi dà speranza. Ho saputo e ho visto che è una legge che ha avuto anche opposizione e che ci sono forze politiche apertamente opposte. Devo capire bene quali sono i punti di frizione. In generale, però, che lo Stato, per la prima volta, si occupi di un problema che sembrava relegato alla sola sfera di interesse delle famiglie che lo subiscono e, in qualche maniera lo devono gestire, mi sembra un grande passo avanti. E’ chiaro che non si avrà tutto subito e che non saremo tutti immediatamente soddisfatti nelle nostre esigenze specifiche, però perlomeno avremo un punto di partenza su cui lavorare.  Un Paese civile è un Paese che si occupa anche dei suoi cittadini che non hanno autonomia. E questi ragazzi sono totalmente privi della possibilità di determinarsi, di decidere la loro giornata, di pensare al loro tempo. Noi genitori facciamo il possibile e non ci lamentiamo purché loro abbiano una vita il più possibile dignitosa, ma noi non siamo eterni, non duriamo per sempre, e non vogliamo vedere i nostri figli finire in uno di quei posti di cui si sente parlare sempre unicamente come posti di eccellenza, come fiori all’occhiello, ma che, quando carabinieri e polizia mettono delle telecamere nascoste, in realtà vediamo non sono altro che l’edizione edulcorata dei manicomi, dei lager e dei luoghi di reclusione. Non vogliamo che i nostri figli finiscano così.    








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