2016-06-16 14:14:00

Terrorismo. Cia: Is addestra terroristi diretti in Occidente


Secondo il direttore della Cia, John Brennan, ci sarebbero concrete possibilità che il sedicente Stato Islamico addestri terroristi destinati a compiere azioni in Occidente. Dopo le indiscrezioni dell’intelligence belga e francese su due commando che starebbero per entrare in azione, anche in Europa – in particolare nella Francia dove si stanno giocando gli Europei di Calcio – l’allerta resta massima. Roberta Barbi ne ha parlato con il direttore del Ceas, il Centro di alti studi per la lotta al terrorismo, Maurizio Calvi:

R. – Noi siamo passati da una sottovalutazione delle conseguenze e delle mancate azioni da parte della comunità internazionale verso quei territori, per poi trasferire il sedicente Stato islamico, sul piano territoriale, in una serie di azioni di "cani sciolti", che nel contesto delle varie aree - e in particolare quella europea e americana - agiscono in maniera solitaria, e quindi governano la violenza che nasce da questa nuova forma di terrorismo.

D. – Quanto sono concrete queste minacce e chi sono questi terroristi che starebbero arrivando in Occidente?

R. – È evidente che cellule impazzite di quella varia ed estesa comunità che è rappresentata dall’Is è facile che sia attraverso trasporti diretti o indiretti – via mare attraverso i migranti o altre forme di navigazione e terrestri – questo controllo diventa quasi impossibile.

D. – Molti degli ultimi attentati sembrano essere azioni isolate: sono queste le più difficili da prevenire?

R. – Il problema è che c’è un processo di “imitation”, come dicono gli americani. Queste cellule nascono in maniera autonoma; lanciano dei messaggi che però non vengono decifrati dalla comunità dell’intelligence internazionale. È evidente che alcuni segnali ci sono: è la comunità dell’intelligence che non riesce a capire come intervenire, anche se ci sono segnali.

D. – Tra gli obiettivi indicati come possibili, ci sarebbero un centro commerciale, un fast-food e un commissariato: quindi si rende indispensabile uno stato di massima allerta, pressoché stabile?

R. – Direi che questo stato di allerta debba essere permanente nel lungo periodo, perché si tratterà di un lungo periodo. È ovvio che più si rafforza la “lettura” dei territori e tanto più è facile individuare questi cani sciolti; perché alcuni segnali loro li lasciano e li lanciano.

D. – Ieri mattina il premier francese Vall ha fatto previsioni fosche, parlando di vittime future e di una guerra globale che durerà molti anni: è corretto?

R. – Mettere le proprie comunità di fronte a questi gradi di violenza è dire una verità. A livello istituzionale, è evidente che potrebbe anche essere un errore la disseminazione delle comunicazioni circa ipotesi di minacce continue nei nostri territori o in quelli più vasti della Comunità Europea. A mio avviso occorrono due azioni: la prima è colpire con una massiccia presenza della comunità internazionale su quei territori, nelle realtà dove è nata e dove si sta sviluppando, la matrice della violenza è lì che nasce. Tanto più forte è il contrasto e tanto più la minaccia s’indebolisce nella comunità internazionale. Bisogna colpire prima lì – farlo in maniera forte – e di conseguenza indebolire la presenza e la comunicazione verso i territori.








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