2016-06-17 06:00:00

Università del Mediterraneo unite per la lotta alla desertificazione


Per l’odierna giornata mondiale per la lotta alla desertificazione indetta dall’ONU, l’università di Sassari ha promosso un progetto di ricerca per lo sviluppo di sistemi sostenibili volti alla gestione delle risorse idriche in campo agricolo che vede coinvolte le università del Mediterraneo. Gioia Tagliente ha intervistato il professor Pier Paolo Roggero, direttore del nucleo ricerca desertificazione dell’ateneo di Sassari: 

R. – La lotta alla desertificazione riguarda, in particolare, l’ambiente mediterraneo. La Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione ha approvato, l’anno scorso, una risoluzione che prevede la cosiddetta “Land Degradation Neutral”: per ogni ettaro di terreno consumato o degradato è necessario che le nazioni si impegnino a recuperarne un altro ettaro. E questo riguarda tutti, perché riguarda il cibo e la disponibilità di cibo, di acqua, la qualità dell’aria e il clima. Il problema è che non basta mantenere le risorse che noi abbiamo attualmente, ma occorre aumentarle perché la popolazione umana sta aumentando e quindi aumentano anche i bisogni. Questo significa che bisogna ridurre gli sprechi, bisogna recuperare i degradati e bisogna valorizzare le poche risorse disponibili, il che significa aumentare la produttiva nelle poche terre che sono rimaste disponibili.

D. – L’università ha promosso un progetto per la gestione sostenibile delle risorse idriche nelle zone aride. Quali sono le aree di intervento?

R. – Sono l’Algeria e la Tunisia. In queste aree, che sono aridissime e che hanno una piovosità inferiore ad un terzo o addirittura ad un quarto della pioggia che cade in Italia. Quella poca acqua che c’è, spesso si perde per evaporazione. E’ quindi impossibile accumularla in superficie: occorre accumularla in profondità, nel sottosuolo, in modo da garantirne il mantenimento nel tempo anche della qualità. E questo progetto ha realizzato, appunto, delle opere molto semplici - dal punto di vista tecnologico e quindi di basso costo - che permettono, quando piove, che questa acqua possa essere accumulata negli acquiferi. Precedentemente alla realizzazione di queste opere, gli acquiferi vengono studiati in modo tale da garantire che l’accumulo avvenga in zone dove poi possa essere recuperata per l’uso agricolo o per l’uso civile. Il progetto ha anche riguardato la possibilità di utilizzare questa acqua in modo efficiente in agricoltura: anche qui investendo sulla possibilità di produrre fino al 30-40% in più, utilizzando la stessa quantità di risorse. Questo progetto ha guardato anche ad un investimento sulla persona: ha investito molto sulla formazione, con l’idea che localmente possano essere sviluppate competenze che possano poi garantire la continuità alle azioni progettuali che si concluderanno alla fine di questo mese.

D. – Interessante l’accordo di cooperazione tra le università del Mediterraneo. Cosa prevede?

R. – Una dichiarazione d’intenti per realizzare programmi comuni di ricerca, di cooperazione internazionale allo sviluppo e didattica sulla lotta alla desertificazione. Oggi è presente qui il presidente dell’Unione delle Università del Mediterraneo – Unimed – e firmeranno quest’accordo quattro università: l’Università di Kostantin, in Algeria, l’Università di Tripoli, in Libia e le università di Cagliari e Sassari, in Sardegna. Ma l’accordo è aperto e hanno già manifestato molto interesse l’Università del Marocco, dell’Egitto, del Libano. Quindi siamo confidenti che a breve questo accordo interesserà un gran numero di atenei e questo propri con l’idea di investire sui giovani, sulla conoscenza scientifica che può sostituire l’elevato costo di tecnologia. Noi, invece, puntiamo allo sviluppo rurale, al mantenere la popolazione nelle zone rurali; a non trasferirsi nelle città, dove invece si creano enormi problemi anche di ordine pubblico, oltre che di disoccupazione.

D. – All’ultima Conferenza sul Clima di Parigi si è discusso un nuovo accordo sulle emissioni per rallentare il riscaldamento globale e sicuramente il clima è un fattore chiave che influisce sulla desertificazione. Altre cause?

R. – Desertificazione, cambiamenti climatici e biodiversità sono i tre temi su cui si articola lo sviluppo sostenibile a livello Onu. La prossima Conferenza, successiva quindi a quella di Parigi sul clima, si terrà proprio a Marrakech, in Marocco, e riguarderà proprio questi aspetti. Sono problematiche che quando si percepiscono è ormai troppo tardi. Gli scienziati già da almeno 40 anni dicono che ci sono questi problemi, ma purtroppo nell’attuazione delle politiche si guarda sempre ad un orizzonte temporale molto breve.

 








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