2016-06-20 12:29:00

Amministrative. Roma e Torino a M5S. Grillo: Ora tocca a noi


Risultato storico alle amministrative in Italia per il Movimento Cinque Stelle che conquista Roma e Torino e vince 19 ballottaggi su 20.  Il Pd ammette la sconfitta e  si conferma a Milano e Bologna. A Napoli vittoria di De Magistris sul centrodestra. Per la politica è tempo di bilanci. Paolo Ondarza:

“E solo l’inizio, ora tocca a noi” commenta Beppe Grillo dopo il successo annunciato a Roma di Virginia Raggi e, a sorpresa, a Torino di Chiara Appendino su Piero Fassino. La prima sindaco donna della capitale annuncia “ora parte una nuova era”. A Napoli e Bologna riconfermati De Magistris e il candidato Pd Merola, mentre i dem tengono a Milano con la vittoria di Sala con 3% in vantaggio sullo sfidante Parisi del centrodestra. Dalle comunali 2016 nei comuni capoluogo di provincia escono  vincitori10 sindaci di centrodestra, 9 di centrosinistra e 3 del Movimento Cinquestelle. Il partito Democratico ammette la sconfitta e nella direzione del prossimo 24 giugno dovrà affrontare il nodo delle tensioni al suo interno. C’è chi parla di batosta per il governo: sicuramente la convergenza dei voti del centrodestra sui candidati grillini interroga il premier Renzi. Giancarlo La Vella ha raccolto il commento del politologo Francesco Bonini politologo e rettore dell’università Lumsa di Roma:

R. – Credo che la chiave di lettura sia quella del cambiamento che si svolge in molteplici direzioni: questo è il fatto che emerge da questo lungo giro d’Italia. Gli elettori chiedono di cambiare e si rivolgono volta per volta, localmente, all’alternativa che viene loro proposta. Ovviamente, spiccano le prestazioni del Movimento cinque stelle, ma ci sono in giro per i capoluoghi italiani molti elementi di cambiamenti che a volte premiano il Pd e, il più delle volte, i competitori del Partito democratico in quest’Italia ormai tripolare.

D. - A proposito del Movimento cinque stelle spiccano i risultati a Roma, nella capitale, e a Torino dove c’era stato un sindaco del Pd – Fassino – che non aveva certo deluso…

R. – Certamente. Comunque, sia a Roma che a Torino si vede molto chiaramente la pressione “dal basso”, cioè della periferie, da coloro che si sentono in qualche modo esclusi da rapidissimi processi di ristrutturazione che sono in atto e che certamente lasciano ai margini molta gente, non soltanto i più poveri o i più marginali, ma gran parte di quello che un tempo si chiamava ceto medio, ovvero la gran parte di tutti noi e che in questo momento si pone dei seri interrogativi non solo sul futuro, ma anche sul presente.

D. – Per quanto il premier Renzi abbia sempre rifiutato una lettura politica di queste amministrative, c’è comunque un messaggio al governo di questo risultato?

R. – Certo, il messaggio rivolto al governo è questo: bisogna governare e bisogna lavorare bene. Non è più il tempo degli slogan o delle scommesse. Questo vale per il governo, per le amministrazioni comunali e per coloro che sono stati investiti per il cambiamento. Occorre farsi carico del governo a tutti i livelli. Questo è molto difficile ma è veramente la priorità per il nostro Paese.

Alto l’astensionismo: secondo il Viminale è andato a votare solo il 50,54% degli elettori. 9 punti in meno rispetto al primo turno. Luca Collodi ha chiesto un commento a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire:

R. – Purtroppo, siamo su una linea di tendenza che si è manifestata da diversi anni: ci ragioniamo sopra da almeno 15 anni con più intensità; negli ultimi cinque in maniera molto, molto forte. Credo che questo voto dovrebbe indurre la politica a mettere gli occhi sulla delusione rispetto alle attese e alla fiducia, al debito di fiducia che continua a crescere nei cittadini.

D. – Ciò che è il risultato delle urne è maturato – secondo lei – nelle periferie della grandi città italiane: è stata bocciata la politica di accordo tra partiti e poteri, potere finanziario ed economico “in primis”?

R. – In questo voto intravedo segnali che sono arrivati sia dai quartieri marginali, sia dalle realtà marginali rispetto alle priorità che la politica si è data. La fatica di vivere esiste in zone delle nostre città nelle quali diventa difficile la convivenza, la pulizia è un’opinione, la polizia non è presente come dovrebbe, garantendo con garbo e fermezza la sicurezza delle persone, ma anche là dove non si danno risposte alle famiglie con figli, non le si danno a coloro che abbiamo chiamato in vario modo “esodati”: coloro che sono rimasti appesi dentro alle politiche di rigore di questi anni, senza essere considerati degni di una risposta.

D. – È un voto popolare o populista?

R. – Il voto è sempre popolare. Dentro il voto popolare ci sono poi delle correnti che possiamo chiamare anche “populiste”. Certamente, c’è un fenomeno in corso nel nostro Paese, che radicalizza le opinioni di una parte della cittadinanza, sempre di più, rispetto alle risposte che la politica dà ai bisogni della gente. Vogliamo chiamarlo populismo? Non è una bizzarrìa utilizzare questo termine. Tutte le fasi di crisi – la storia ce lo insegna – conducono a processi di tipo populistico. Il secondo passo sono le involuzioni autoritarie: è quel passo che io mi auguro che non accada, e che la politica sappia scongiurare con risposte all’altezza. Mi ha colpito molto positivamente il tono usato da Virginia Raggi a Roma e da Chiara Appendino a Torino: nel salutare il proprio risultato, e nel rivolgersi ai propri avversari, c’era quel tasso di istituzionalità e di rispetto che altre volte non è stato colto in esponenti del Movimento cinque stelle. È molto importante che si sia manifestato; poi lo vedremo alla prova dei fatti.

D. – Questo voto può far nascere qualche preoccupazione in Europa?

R. – L’Europa dovrebbe preoccuparsi dell’insufficienza delle politiche iper-rigoriste applicate in questi anni, che hanno eccitato negli elettorati e nei corpi vivi degli Stati Membri movimenti di rigetto della grande idea e della grande prospettiva, che ha costruito una pace e una prosperità mai viste negli ultimi 70 anni nel nostro continente.

D. – Il voto dei credenti si può dire che sia ormai trasversale?

R. – Questo mi pare un dato consolidato. Credo che quello che sta accadendo nel nostro Paese sottolinei ancora una volta la necessità di un immischiarsi dei cattolici nella Cosa pubblica. Perché l’onestà non basta gridarla negli slogan, bisogna portarla nei luoghi della decisione, dell’amministrazione e del bene di tutti.








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